MALICE - MiniSerie Prime Video (2025)

Locandina della serie tv Malice


Recensione a cura di: Umberto Visani

Genere: Thriller psicologico, dramma di vendetta familiare
Paese di produzione: Regno Unito
Piattaforma di distribuzione: Prime Video (Amazon MGM Studios)
Episodi Stagione e durata media: 1 stagione, 6 episodi, circa 50 minuti ciascuno
Casa di produzione: Expectation e Tailspin Films in co‑produzione con Amazon MGM Studios
Ideatore: James Wood
Produttori: Expectation, Tailspin Films, Amazon MGM Studios
Cast principale: David Duchovny (Richard Tanner), Carice van Houten (Isabel Tanner), Jack Whitehall (Adam Healey)

Trama:

La famiglia Tanner — Jamie (David Duchovny), la moglie Nat (Carice van Houten) e i loro tre figli — raggiunge un’isola greca per una vacanza insieme agli amici Jules (Christine Adams) e Damien (Raza Jaffrey). All’ultimo momento, la tata del piccolo Dexter è costretta a rinunciare al viaggio, e al suo posto arriva Adam (Jack Whitehall), il giovane tutore dei figli di Jules e Damien, chiamato in tutta fretta.
La figura di Adam, colta e impeccabile nei modi, si inserisce rapidamente nella dinamica della casa: aiuta, osserva, ascolta, fino a diventare una presenza costante anche per i Tanner. La sua disponibilità si trasforma presto in una sorta di ruolo aggiuntivo nella famiglia, mentre attorno a lui iniziano a emergere dettagli, strani comportamenti e indizi che lasciano intuire un passato meno lineare di quanto appaia.
Quando il gruppo rientra a Londra, Adam viene invitato a proseguire il proprio incarico anche nella nuova routine domestica; ed è qui, lontano dalla sospensione vacanziera delle isole greche, che la sua presenza comincia a insinuarsi in maniera sempre più inquietante.



Cosa ne penso (no spoiler): 

Malice appartiene a quella tipologia di serie tv che non scelgono la via dell’impatto immediato, ma quella dell’infiltrazione, insinuandosi come un’inquietudine che si espande silenziosamente, lasciando nello spettatore la sensazione di essere entrato in un territorio sempre più pericoloso.
David Duchovny è, prevedibilmente, il baricentro magnetico della serie. Lo seguo da quando apparve fugacemente in Twin Peaks, ancor prima che diventasse iconico in X-Files. Qui recupera una dimensione che gli appartiene da sempre: quella del personaggio apparentemente sicuro di sé, volutamente sopra le righe come in Californication, ma internamente incrinato.
L’altro asse portante intorno a cui tutto ruota resta Adam, interpretato da un sorprendente Jack Whitehall. La sua figura è costruita con un’intelligenza quasi “letteraria”: troppo composto, troppo impeccabile per essere “vero”. Un personaggio che porta con sé l’eredità del thriller britannico più raffinato, quello dove il male non arriva travestito da mostro, bensì da presenza garbata, educata, quasi premurosa.
Le ambientazioni giocano un ruolo cruciale in questo teatro dell’inganno. Le isole greche, luminose, candide, quasi sacrali, si trasformano lentamente nel luogo in cui il paradiso rivela le prime abrasioni. Una bellezza che, anziché rassicurare, amplifica la percezione di una dissonanza. Londra, invece, è il controcampo necessario: lì le ombre trovano forma e i sospetti, privati della cornice idilliaca, diventano innegabili. Malice costruisce così una geografia emotiva precisa: il luogo dell’illusione e quello della verità.
Centrale rimane il mistero che avvolge Adam: il suo passato, le sue motivazioni, la sua presenza destabilizzante che sembra deformare, come un campo magnetico, le dinamiche dell’intero nucleo familiare. La serie è abilissima nel suggerire più che spiegare; nel lasciare in sospeso ciò che altrove sarebbe svelato troppo presto. La tensione nasce proprio da questo: dal non-detto, dal non-mostruoso, dall’ombra che non rivela ciò che contiene.
In definitiva, Malice è una serie che non punta all’isteria del colpo di scena costante, ma a un’inquietudine più sottile e persistente. È elegante, stratificata, attraversata da un’oscurità composta e mai gratuita. E, soprattutto, è sostenuta da interpretazioni notevoli, con un Duchovny in stato di grazia.

La serie piacerà a:
A chi ama i thriller psicologici dove la tensione è una vibrazione sotterranea, a chi apprezza personaggi ambigui, sfuggenti, ai fan di David Duchovny. 

La serie non piacerà a:
A chi pretende logiche serrate e intrecci senza smagliature: qui la scrittura preferisce la suggestione alla coerenza matematica. A chi vuole un ritmo rapido: Malice procede come un veleno lento, non come un thriller a scatto.

Punti forti della serie:
Duchovny strepitoso, atmosfera magnetica, il personaggio di Adam, fotografia e location che alternano paradiso e claustrofobia con grande coerenza estetica. Una tensione sotterranea costante, che cresce in modo elegante, quasi impercettibile.

Punti deboli della serie:
Il finale può lasciare qualche perplessità rispetto alla sapiente costruzione.

Lo consiglio? 





 Recensione a cura di: Umberto Visani



 
 





Commenti

  1. Ottima recensione ,e da estimatrice di David Duchovny anche io dai tempi di twin peaks e X-Files concordo , sicuramente mi piacerà ....mi intrigano i thriller psicologici che ti inducono ad intuire ciò che è "sotterraneo e che dire dei tipi sfuggenti, ambigui...affascinano!

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    1. Grazie della tua opinione Elisa! Ti invitiamo a seguire il blog per rimanere aggiornata sulle prossime recensioni.

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