Dracula (2025)

 

locandina del film Dracula 2025


Recensione a cura di: Umberto Visani

Titolo originale: Dracula: A Love Tale
Genere: Horror, Sentimentale
Paese di produzione: Francia, Regno Unito
Durata: 129 minuti
Regia: Luc Besson
Produttori: Virginie Besson-Silla
Casa di produzione: EuropaCorp, LBP Productions
Cast: Caleb Landry Jones (Dracula), Zoë Bleu (Elisabeta), Matilda De Angelis (Maria de Montebello), Christoph Waltz (prete), Guillaume de Tonquédec (Dumont), Ewens Abid (Jonathan Harker), David Shields (Henry Spencer), Bertrand-Xavier Corbi (capitano Targol), Raphael Luce (Clerk Simon)

Trama:

Nel 1480, il principe Vlad III di Valacchia (Caleb Landry Jones) torna vittorioso dalla guerra contro gli ottomani e scopre che la moglie Elisabeta si è tolta la vita dopo aver creduto, per errore, alla notizia della sua morte. Accecato dal dolore, Vlad maledice Dio, trafigge l’altare della cappella con la spada e beve il sangue che ne sgorga miracolosamente: un atto blasfemo che lo trasforma nel Conte Dracula, creatura dannata e immortale.
Secoli dopo, nella Parigi della Belle Époque, Dracula scorge in Mina Murray (Zoë Bleu) il volto identico della perduta Elisabeta e inizia a rincorrerla, insinuandosi nei suoi sogni e nella sua vita quotidiana. Il fidanzato di Mina, l’avvocato Jonathan Harker (Ewens Abid), scompare durante un viaggio nei Carpazi, mentre a Parigi si susseguono delitti efferati: giovani donne dissanguate, misteriose apparizioni notturne. A indagare è il professor Van Helsing, deciso a fermare il Conte con l’aiuto di Maria (Matilda De Angelis), una donna internata alla Salpêtrière che sembra avere un legame segreto con il vampiro.




Cosa ne penso (pochi spoiler):

Sono andato a vedere Dracula di Luc Besson con una curiosità mista a scetticismo: il romanzo di Bram Stoker è un capolavoro assoluto e il film di Coppola del 1992 ne ha colto in modo magistrale ogni fibra — la trama sfaccettata, la potenza visiva, lo spirito dell’epoca. Come poter emulare un’opera così perfetta? Semplicemente, non si può. E allora Besson sceglie la via più rischiosa: non il confronto, ma la deviazione.
Il suo Dracula non è più un’epopea gotica, ma una tragedia moderna travestita da racconto d’epoca. Ambientarlo nella Parigi della Belle Époque significa spostare il baricentro dal misticismo vittoriano al simbolismo decadente: là dove Coppola guardava a Shakespeare e al tardo romanticismo, Besson cita Baudelaire, Huysmans. Parigi diventa così il cuore pulsante della tentazione, un labirinto di luci elettriche e salotti, una Parigi “da cartolina”, elegante ma mai davvero inquietante, più da spot tv che da incubo gotico.
La prima parte, quella su Vlad Tepes, è la meno riuscita, priva dell’epos necessario, quasi teatrale nella sua impostazione. Al contrario, le vicende che seguono nel castello dei Carpazi in Romania Jonathan Harker (Ewens Abid) sono quelle in cui Besson ritrova un’atmosfera di autentica claustrofobia e di mistero, riuscendo a evocare l’ombra del mito senza ancora tradirlo. Ma una volta giunto nella capitale francese, il racconto si sfalda in un’estetica da video musicale, in cui ogni inquadratura sembra costruita più per stupire che per inquietare.
Caleb Landry Jones è un Dracula volutamente efebico, malinconico, ma anche privo della potenza ipnotica che il personaggio richiede, lontano anni luce dal Gary Oldman di Coppola. Zoë Bleu, nei panni di Mina, ha grazia e fragilità, ma resta intrappolata in un personaggio sospeso tra sogno e manierismo. 
In sintesi, Dracula di Besson non è un film pessimo, è un’opera che ha qualche intuizione visiva, momenti di fascino, ma manca di quell’anima gotica che aveva portato il Dracula di Coppola nella storia del cinema. Alla fine, resta un esperimento sulla carta affascinante ma nei fatti incompiuto. 
 
Il film piacerà a:
A chi cerca un Dracula più romantico che orrorifico.

Il film non piacerà a:
A chi ha amato il romanzo di Bram Stoker e la resa cinematografica sublime di Francis Ford Coppola.

Pregi:
Interpretazioni credibili, in particolare di Matilda De Angelis. 

Difetti:
Prologo storico troppo statico e privo di pathos. Atmosfera gotica in tono minore, ritmo lento e poco foriero di paura. Manca la perfezione del modello coppoliano.

Giudizio finale:
lo consiglio?






Recensione a cura di: Umberto Visani
 




 
 




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