Revenge - SerieTv (2011) - Recensione a cura di Umberto Visani
Genere: drammatico, thriller, giallo
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Distribuzione in Italia: prima visione su Fox Life dal 30 novembre 2011, poi in chiaro su Deejay TV (stagioni 1 e 2) e su Rai 2 (stagioni 3 e 4)
Episodi e durata: 4 stagioni, 89 episodi, ciascuno di circa 43 minuti
Casa di Produzione: ABC Studios, Temple Hill Entertainment
Produttori: Ted Babcock, Marty Bowen
Ideatore: Mike Kelley
Cast principale: Emily VanCamp (Emily Thorne/Amanda Clarke), Madeleine Stowe (Victoria Grayson), Gabriel Mann (Nolan Ross), Nick Wechsler (Jack Porter), Joshua Bowman (Daniel Grayson), Henry Czerny (Conrad Grayson), Connor Paolo (Declan Porter), Christa B. Allen (Charlotte Grayson), Ashley Madekwe (Ashley Davenport), Barry Sloane (Aiden Mathis), James Tupper (David Clarke), Brian Hallisay (Ben Hunter), Karine Vanasse (Margaux LeMarchal), Elena Satine (Louise Ellis-Ross)
Trama:
Negli Hamptons, New York State, tra ricevimenti aristocratici e paesaggi favolosi, giunge una nuova ragazza, Emily Thorne (Emily VanCamp): giovane, elegante, apparentemente innocua. Dietro a quel volto d’angelo, però, si cela Amanda Clarke, figlia di David Clarke (James Tupper), un dirigente caduto in disgrazia, condannato e “fatto sparire” anni prima per via di un complotto orchestrato dai Grayson, potente famiglia della zona, di cui la rappresentante principale è la gelida Victoria (Madeleine Stowe). Emily non è lì per rifarsi una vita, ma per attuare un piano, un disegno di vendetta calcolato in ogni dettaglio, costruito su identità false, manipolazioni, alleanze e colpi chirurgici. L’obiettivo non è solo vendicare il padre, ma smascherare, a uno a uno, i complici del tradimento.
La prima stagione di Revenge mi fu regalata da un’amica che conosceva molto bene i miei gusti. Incuriosito, cominciai a guardarla e bastarono pochi episodi per comprendere come la serie avesse tanti elementi a me graditi. Oltre al ritmo serrato e a personaggi ben ideati, mi colpì da subito un dettaglio non secondario: l’impianto narrativo dichiaratamente ispirato al Conte di Montecristo di Dumas. Non una semplice citazione, ma un’ispirazione forte, radicata nel presente e trasportata nei salotti opulenti e ipocriti degli Hamptons, zona che da sempre esercita su di me un forte fascino.
Revenge si muove dentro un mondo elegante dove però la corruzione si muove in silenzio, dietro sguardi composti, tra flute di champagne e giardini curati. In questo contesto, Emily agisce come un corpo estraneo, una scheggia impazzita che attraversa la superficie liscia della società e ne rivela le crepe. Il suo dolore è trattenuto, distillato nei gesti, mai ostentato.
Revenge è anche una riflessione sull’identità. Amanda Clarke è scomparsa per permettere a Emily Thorne di nascere — e nel tempo, le due figure si confondono, si sovrappongono. Chi vendica chi? Quale nome sopravvive, dopo che il gioco è finito? In questa ambiguità, nella perdita di sé come prezzo della missione, la serie trova la sua tensione più profonda.
Il duello con Victoria non è solo narrativo, è simbolico. Due donne, due volontà che non si fronteggiano semplicemente per potere, ma per visione del mondo. Il loro scontro non cerca una risoluzione, è una danza tragica, dove la vittoria sta nel restare in piedi, anche a costo di tutto il resto.
Revenge ci domanda ciò che saremmo disposti a sacrificare pur di ottenere giustizia, senza scendere a compromessi morali, prendendo il tema della vendetta e portandolo in un’America da copertina, piena di incrinature dietro la facciata.
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