WEAPONS (2025)
Recensione a cura di: Umberto Visani
Titolo originale: Weapons
Genere: horror
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Durata: 128 minuti
Regia: Zach Cregger
Produttori: Zach Cregger, Roy Lee, J.D. Lifshitz, Raphael Margules, Miri Yoon
Casa di produzione: New Line Cinema, Subconscious, Vertigo Entertainment, BoulderLight Pictures
Sceneggiatura: Zach Cregger
Cast: Julia Garner (Justine Gandy), Josh Brolin (Archer Graff), Cary Christopher (Alex Lilly), Benedict Wong (Andrew Marcus), Alden Ehrenreich (Paul Morgan), Austin Abrams (James), Amy Madigan (Zia Gladys), Toby Huss (Capitano Ed), Justin Long (Gary).
Trama:
Maybrook, Pennsylvania, 17 bambini di una classe elementare svaniscono nella notte alle 2:17, uscendo di casa di corsa, senza apparente motivo. La comunità precipita nel panico: genitori disperati, insegnanti sotto accusa, polizia che non trova nessuna pista credibile.
Cosa ne penso (pochi spoiler):
Sono andato a vedere Weapons attratto soprattutto dal tema della scomparsa misteriosa, in apparenza come i casi “Missing 411”, che da sempre esercitano un fascino sinistro. Già dall’inizio, con l’uso di “Beware of Darkness” di George Harrison come colonna sonora, il film si è presentato a me congeniale: quel brano evocativo e avvolgente, con le sue atmosfere sospese e la sua malinconia, ha creato una cornice perfetta, sulle immagini dei bambini che, quasi come richiamati da un novello pifferaio di Hamelin, uscivano dalle loro case di corsa.
Volevo capire come il regista Cregger avrebbe costruito un racconto simile e come avrebbe spiegato queste scomparse. Quello che ho trovato è un film che rielabora la fiaba nera in chiave contemporanea; la narrazione si incentra a mano a mano su una figura (non diciamo quale, per evitare spoiler eccessivi) il cui ruolo trascende il comune mistero per incarnare una presenza archetipica di antica radice, emblema dell’alterità malefica, espressione di una sapienza proibita e distruttiva che nelle tradizioni popolari ha sempre suscitato paura e riprovazione.
Nel film, questa presenza si manifesta con una forza perturbante, un’ombra che incombe sui protagonisti e che simboleggia la perversione della sacralità, un potere oscuro capace di manipolare e divorare le esistenze piegandole ai propri scopi, dovendo questa figura ottenere la propria salvezza, in primo luogo fisica, il che permea la narrazione di un’angoscia ancestrale e restituisce alla fiaba nera la sua crudezza originaria e la sua funzione di monito oscuro.
La messa in scena è calibrata al millimetro, alternando momenti di quiete domestica e familiarità a un’inquietudine latente e palpabile che poi sfocia in momenti grand-guignoleschi. Qui si annida il cuore nero del film: la superficie apparentemente innocua della provincia americana, dietro cui si percepisce un disegno più grande, modificabile da chi conosce certa ritualistica che sfugge alla comprensione razionale e alimenta una tensione sotterranea che cresce lentamente ma inesorabilmente.
Durante la proiezione, però, ho assistito a un fenomeno curioso: risate del pubblico in momenti in cui, narrativamente, non c’era nulla da ridere. Forse nervosismo, forse insipienza o un modo inconsapevole di alleggerire la tensione di certe scene in cui emerge una ritualità oscura e disturbante che non viene compresa. Personalmente, queste reazioni mi sono sembrate dissonanti, quasi fuori luogo, ma in un certo senso rivelatrici: Weapons è un film che provoca reazioni istintive e non sempre controllabili, che costringe a confrontarsi con sensazioni sgradevoli e ambigue.
Il finale, volutamente eccessivo e quasi sfiorante il trash, è tuttavia coerente con il percorso narrativo: una scelta consapevole che spinge il racconto oltre i limiti del credibile, trasformandolo in un incubo visivo e sensoriale che non offre una via di fuga ordinata. Il senso di spaesamento e disorientamento si fa totale, rispecchiando quella paura ancestrale dell’ignoto che permea tutto il film.
In definitiva, Weapons è un’esperienza cinematografica che non si lascia incasellare facilmente, un racconto che, partendo da una radice realistica e dolorosa, si inoltra nel territorio della fiaba nera e della suggestione visiva, lasciando lo spettatore con un senso di inquietudine e di consapevolezza dell’esistenza di certi piani e conoscenze che sfuggono all’uomo della strada.
Il film piacerà a:
Chi apprezza il tema delle scomparse misteriose e che, nella ricostruzione delle motivazioni, è affascinato dal tema ritualistico.
Chi apprezza il tema delle scomparse misteriose e che, nella ricostruzione delle motivazioni, è affascinato dal tema ritualistico.
Il film non piacerà a:
Chi non gradisce l’horror e ritiene certe scelte della trama possano essere eccessive o lontane dalla realtà, pur non essendolo.
Pregi:
Soggetto molto interessante, con trama che inquieta e prende fin da subito. Una narrazione corale, con uso consapevole e calibrato della simbologia.
Soggetto molto interessante, con trama che inquieta e prende fin da subito. Una narrazione corale, con uso consapevole e calibrato della simbologia.
Difetti:
L’avrei accorciato di almeno 20 minuti, per portarlo sotto le 2 ore. Cast con attori sufficienti nelle interpretazioni ma nessuno memorabile, in particolare l’insegnante e il poliziotto.
Lo consiglio?
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