The Eagle (2011) - Retrospettiva a cura di Umberto Visani
Genere: epico, avventura, drammatico
Paese di produzione: Regno Unito, Stati Uniti d'America
Durata: 114 minuti
Regia: Kevin Macdonald
Produttori: Duncan Kenworthy
Casa di produzione: Focus Features, Film4, Toledo Productions, Twins Financing
Sceneggiatura: Jeremy Brock
Cast: Channing Tatum (Marcus Aquila), Jamie Bell (Esca), Donald Sutherland (Aquila), Mark Strong (Guern), Tahar Rahim (Liathan), Denis O'Hare (Lutorius), Dakin Matthews (Claudius), Douglas Henshall (Cradoc), Paul Ritter (Galba), Pip Carter (Placidus), Ned Dennehy (Capo degli Uomini-foca)
Trama:
Anno 140 d.C. Venti anni dopo la misteriosa scomparsa della IX Legione romana nelle terre selvagge a nord del Vallo di Adriano, il giovane centurione Marco Flavio Aquila arriva in Britannia con un solo scopo: riscattare l'onore perduto. Suo padre comandava la legione quando, probabilmente assalita dai feroci Picti, perse il sacro vessillo dell’unità: l’aquila d’oro, simbolo della gloria romana. Dopo essere stato ferito in battaglia e congedato, Marco decide di attraversare volontariamente le terre oltre il Vallo — considerate il limite della civiltà — insieme allo schiavo Esca, un guerriero della tribù dei Briganti.
Cosa ne penso (no spoiler):
Avevo visto The Eagle anni fa, e già allora mi aveva colpito per qualcosa di raro: l’ostinazione, quasi anacronistica, con cui mette al centro della propria narrazione due parole oggi guardate con sospetto: onore e fedeltà. In tempi di huxleyana dittatura dolce—quella che impone il politicamente corretto come unica forma accettabile — un film di questo tipo va sicuramente contro lo spirito dei tempi e, come tale, è assolutamente apprezzabile e a me molto gradito.
Marco Aquila non parte per ambizione. Parte per risanare il proprio nome e quello della sua famiglia, volendo riprendere l’aquila che dà il titolo al film. Il rapporto tra Marco ed Esca, suo schiavo della tribù dei Briganti, costituisce il fulcro morale della vicenda. E non è un’amicizia hollywoodiana: è un confronto costante tra due mondi, due identità. In questo, The Eagle sfugge a una logica manichea e propone invece una riflessione più sottile sul concetto stesso di civiltà e di appartenenza. Esca non è un Brigante docile: è un uomo lacerato, che sceglie di camminare accanto al proprio carceriere per qualcosa di profondo.
E poi, oltre il vallo d’Adriano che segnava la fine delle terre allora conosciute, c’è la Scozia, i cui paesaggi selvaggi e maestosi non sono mai puro sfondo, bensì il volto stesso dell’ignoto, l’altro da Roma, il cuore pagano che resiste all’avanzata imperiale. Per chi, come me, sente un legame profondo con quelle terre, il film ha una risonanza ulteriore: lì dove la romanitas si arresta, dove la storia ufficiale tace o cancella, resta il canto del paesaggio, il coraggio muto di popoli che non si piegano.
Non è un film perfetto, ma è un film che non corteggia le mode, che non cede all’etica dei nostri giorni. Un'opera di consumo, ovviamente, ma che ha il grande merito di cogliere uno spirito, quello della civiltà romana, e di riproporlo senza infingimenti, senza alcun rispetto per il "politicamente corretto". Non è cosa da poco, di questi tempi.
Marco Aquila non parte per ambizione. Parte per risanare il proprio nome e quello della sua famiglia, volendo riprendere l’aquila che dà il titolo al film. Il rapporto tra Marco ed Esca, suo schiavo della tribù dei Briganti, costituisce il fulcro morale della vicenda. E non è un’amicizia hollywoodiana: è un confronto costante tra due mondi, due identità. In questo, The Eagle sfugge a una logica manichea e propone invece una riflessione più sottile sul concetto stesso di civiltà e di appartenenza. Esca non è un Brigante docile: è un uomo lacerato, che sceglie di camminare accanto al proprio carceriere per qualcosa di profondo.
E poi, oltre il vallo d’Adriano che segnava la fine delle terre allora conosciute, c’è la Scozia, i cui paesaggi selvaggi e maestosi non sono mai puro sfondo, bensì il volto stesso dell’ignoto, l’altro da Roma, il cuore pagano che resiste all’avanzata imperiale. Per chi, come me, sente un legame profondo con quelle terre, il film ha una risonanza ulteriore: lì dove la romanitas si arresta, dove la storia ufficiale tace o cancella, resta il canto del paesaggio, il coraggio muto di popoli che non si piegano.
Non è un film perfetto, ma è un film che non corteggia le mode, che non cede all’etica dei nostri giorni. Un'opera di consumo, ovviamente, ma che ha il grande merito di cogliere uno spirito, quello della civiltà romana, e di riproporlo senza infingimenti, senza alcun rispetto per il "politicamente corretto". Non è cosa da poco, di questi tempi.
Il film piacerà a:
Chi cerca un’avventura storica che non si limita a mostrare scontri e scenografie, ma propone un viaggio nei valori. A chi apprezza le narrazioni epiche e sente ancora il fascino della romanità e di quel periodo.
Il film non piacerà a:
Chi cerca intrattenimento veloce e spettacolare, battaglie a raffica e CGI sfrenata. Chi è fanatico del politicamente corretto, ovviamente senza accorgersene né, tantomeno, ammetterlo.
Chi cerca intrattenimento veloce e spettacolare, battaglie a raffica e CGI sfrenata. Chi è fanatico del politicamente corretto, ovviamente senza accorgersene né, tantomeno, ammetterlo.
Pregi:
Un impianto narrativo solido e classico. L’uso del paesaggio come controcampo emotivo. Il coraggio di riportare al centro valori che oggi possono apparire anacronistici.
Un impianto narrativo solido e classico. L’uso del paesaggio come controcampo emotivo. Il coraggio di riportare al centro valori che oggi possono apparire anacronistici.
Difetti:
Qualche dialogo avrebbe potuto osare di più, senza paura di abbracciare il respiro tragico che la storia merita. Qualcuno potrà trovare la ricostruzione storica un po’ idealizzata.
Lo consiglio?
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