L'Eternauta - SerieTv (2025) Netflix - Recensione a cura di Umberto Visani

 

l'eternauta


Genere: Fantascienza 
Paese di produzione: Argentina 
Distribuzione in Italia: Disponibile su Netflix dal 30 aprile 2025 
Episodi e durata: 6 episodi, ciascuno di circa 45 minuti 
Soggetto: Basato sull'omonima graphic novel di Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López  Casa di Produzione: K&S Films, in collaborazione con Netflix 
Produttori: Netflix e K&S Films 
Regia: Bruno Stagnaro 
Sceneggiatura: Bruno Stagnaro e Ariel Staltari 
Cast: Ricardo Darín (Juan Salvo), Carla Peterson (Elena), César Troncoso (Alfredo Favalli), Andrea Pietra (Ana), Ariel Staltari (Omar), Marcelo Subiotto (Lucas), Mora Fisz (Clara Salvo), Claudio Martínez Bel (Polsky), Orianna Cárdenas (Inga)  

Trama:

A Buenos Aires, un giorno qualunque d’estate inizia a cadere una fitta e inaspettata nevicata. Apparentemente innocua, per quanto inusuale, questa neve si rivela invece letale al contatto con la pelle. Juan Salvo si ritrova bloccato in casa con la moglie e la figlia, insieme ad alcuni amici. Costruiscono tute improvvisate per uscire a cercare cibo e risposte. Ben presto si rendono conto che la neve è solo il primo segnale di un’invasione aliena, condotta con una strategia invisibile. I pochi sopravvissuti devono muoversi in una città spettrale, trasformata in campo di battaglia, tra nemici alieni, umani e minacce continue. 



Cosa ne penso (pochi spoiler): 

Mi sono avvicinato a L’Eternauta senza particolari aspettative, giungendo solo in un secondo momento a conoscere il fumetto originale di Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López da cui è tratta. È incredibile pensare che una storia simile sia nata nel 1957, anticipando per struttura e tono molte narrazioni apocalittiche arrivate decenni dopo. Le affinità con The Walking Dead, ad esempio, sono evidenti: la gestione del gruppo, la claustrofobia degli interni, il progressivo svuotamento delle città e dei legami. Ma qui tutto avviene in anticipo, in un’epoca in cui la fantascienza fumettistica era dominata da ben altri stilemi, spesso più  ingenui.
Ciò che mi ha colpito della serie è la sua capacità di mantenere intatta la forza concettuale del fumetto senza trasformarlo in uno spettacolo action sopra le righe. La minaccia è sì fisica, ma soprattutto percettiva: la neve, elemento normalmente rassicurante, si trasforma in veicolo di morte. Il quartiere, la casa, la cucina, i gesti di tutti i giorni, tutto viene contaminato. È quella particolare forma di orrore che Stephen King conosce bene: quando l’orrore arriva dal cielo, o da dentro, e ti forza a rivalutare ogni cosa che davi per certa. Un caffè al mattino diventa un rischio mortale, una passeggiata può essere una condanna. C'è qualcosa di profondamente perturbante in questo lento scivolamento del reale nell’assurdo.
Il ritmo della serie è riflessivo, spesso minimalista, ma ogni episodio scava un po’ più a fondo in questa nuova realtà: una società spezzata che non ha il tempo di riorganizzarsi, che sopravvive più che combattere. Lontano dalla retorica dell’eroe, L’Eternauta ci restituisce uomini e donne disarmati, che agiscono solo per proteggere ciò che resta. Il protagonista, Juan Salvo, è forse l’anti-eroe per eccellenza: non salva il mondo, cerca solo di non perdere se stesso. E questa dimensione intima, quasi dimessa, rende la storia ancora più potente.
In questo senso, la serie trova un parallelo forte anche con The Last of Us: stesso senso di fragilità e abbandono, stesso modo di raccontare la fine del mondo attraverso i piccoli gesti, gli spazi intermedi, le relazioni silenziose. Non c’è solo la distruzione: c’è l’abitudine che resiste, il legame che si trasforma, la paura che modifica i comportamenti.
Si sente che dietro la narrazione c’è una visione ben precisa. Il tono visivo è sobrio ma curato, le scene d’azione misurate, mai gratuite. La tensione non nasce da ciò che accade, ma da ciò che potrebbe accadere — e che spesso accade fuori campo, ai margini dello sguardo. È una scelta di regia che ho molto apprezzato: il mondo è finito, ma non c’è bisogno di mostrarlo a ogni scena. Basta vedere come si guarda, come si tace, come ci si prepara a uscire.

La serie piacerà a:
Chi ama la fantascienza post-apocalittica con forti elementi umani. Chi cerca un racconto di sopravvivenza privo di eroismi, ma ricco di tensione e atmosfera. Chi ha apprezzato opere come La Strada, The Walking Dead, The Last of Us, o certi racconti di King in cui l’orrore invade la normalità.

La serie non piacerà a:
Chi si aspetta un ritmo serrato, battaglie continue e risposte chiare. Chi non ama la narrazione ellittica, fatta di non-detti. Chi ha bisogno di un nemico esplicito da odiare o combattere.

Punti forti della serie:
La capacità di rimanere fedele allo spirito originale del fumetto senza diventare derivativa e senza cedere a certe fissazioni moderne. Un’atmosfera tesa e coerente. La recitazione misurata, il tono sobrio, la cura nei dettagli quotidiani.

Punti deboli della serie:
Il coinvolgimento emotivo cresce lentamente e qualcuno potrebbe non apprezzare la lentezza iniziale.

Lo consiglio? 
 




 
 (Recensione a cura di Umberto Visani)



 
 

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