Black Bag - Doppio Gioco (2025) - Recensione a cura di Umberto Visani
Genere: Thriller, Spy, Drammatico
Paese di produzione: Stati Uniti, Regno Unito
Durata: 90 minuti
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: David Koepp
Casa di produzione: Casey Silver Productions
Produttori: Steven Soderbergh, Casey Silver
Cast: Michael Fassbender (George Woodhouse), Cate Blanchett (Kathryn St. Jean)
Gustaf Skarsgård (Philip Meacham), Tom Burke (Freddie Smalls)
Regé-Jean Page (Col. James Stokes), Naomie Harris (Dr. Zoe Vaughan)
Trama:
George Woodhouse (Michael Fassbender), agente dell’MI-6, è incaricato di indagare su una fuga di dati riguardante Severus, un sofisticato programma di sorveglianza. L’indagine prende una piega personale quando tra i sospettati compare sua moglie Kathryn (Cate Blanchett), agente dell’intelligence statunitense. Mentre la segue tra Londra e Zurigo, George raccoglie indizi che parrebbero confermare i sospetti e i confini tra lealtà e tradimento si fanno sempre più sfumati. In un contesto in cui nessuno può dirsi davvero pulito, ogni scelta ha un prezzo e ogni risposta può essere evitata con due sole parole: “black bag”, formula per non rispondere, opponendo il segreto di Stato.
Cosa ne penso (pochi spoiler):
Sono andato a vedere Black Bag in quanto da sempre attratto dai film di spionaggio e, in ambito letterario, dai romanzi di Ian Fleming su James Bond per poi scoprire, con gli anni, scrittori più disillusi come Tony Cape, dove la spia è una figura tragica, logorata, alienata dal proprio stesso mestiere. Black Bag sembra posizionarsi esattamente tra questi due poli: ha il fascino e il carisma delle spy stories classiche, ma anche quella tonalità interiore cupa, figlia di una lunga tradizione britannica più intimista.
Steven Soderbergh, il regista, dimostra una volta di più di saper attraversare i generi con disinvoltura, ma con Black Bag abbandona il virtuosismo puro per scegliere un racconto condotto a bassa voce, fatto di dettagli, di omissioni, di tensioni non dette. Il suo è un cinema che costruisce significato attraverso le ellissi, un po’ come Eric Ambler nei suoi romanzi: narrazioni dove gli ingranaggi della geopolitica si percepiscono sullo sfondo, ma sono le scelte individuali, moralmente complesse, a determinare la posta in gioco.
Il film parte molto lentamente, in un modo cui probabilmente non si è nemmeno più abituati. Il rapporto tra George (Michael Fassbender) e Kathryn (Cate Blanchett) è il vero campo di battaglia: marito e moglie, ma anche pedine, sospettati e sospettanti l’un l’altro, agenti in bilico tra verità e manipolazione.
Lo spunto narrativo rappresentato dai due coniugi mi ha ricordato la serie tv The Americans, dove però la coppia protagonista – Elizabeth e Philip Jennings, agenti russi sotto copertura negli Stati Uniti – è legata da un patto profondo: “noi contro il mondo”. Anche nei momenti di crisi, la loro alleanza resta salda, fondata su una missione comune e su una verità condivisa. In Black Bag, al contrario, George e Kathryn partono da un terreno molto più incerto. Sono entrambi agenti, ma ciò che sanno – o ciò che nascondono – non necessariamente coincide. La fiducia vacilla sin dall’inizio, tra sospetti, bugie e silenzi. Laddove i Jennings combattono insieme, George e Kathryn devono prima cercare di intuire se siano davvero dalla stessa parte.
Black Bag evita risposte nette e schemi narrativi prevedibili, nonostante quanto potrebbe suggerire il trailer. La verità rimane sfuggente, la fedeltà è tutta da verificare e ogni azione, anche la più banale, può avere implicazioni nascoste. È un film che richiede attenzione: non si limita a intrattenere, ma spinge a riflettere e a riconsiderare continuamente ciò che si sta vedendo.
Per chi, come me, apprezza le storie di spionaggio in cui la tensione nasce più da uno sguardo o da una frase sospesa che da una scena d’azione, Black Bag rappresenta un ritorno alla tradizione più solida del genere. Un film sobrio, teso e intelligente, che affronta i temi del potere, dell’amore e del tradimento con rigore narrativo e grande controllo stilistico.
Il film piacerà a:
Chi ama le spy stories non per gli inseguimenti, ma per i silenzi sospesi e la tensione crescente.
Il film non piacerà a:
Chi si aspetta uno spy movie alla Mission: Impossible o 007 degli ultimi anni, ricco di colpi di scena e azione frenetica.
Pregi:
Soggetto molto ben ideato. Regia sobria, precisa, che costruisce tensione senza bisogno di rumore. La capacità di evocare il grande romanzo di spionaggio, senza diventare derivativo.
Difetti:
Un inizio lentissimo.
Un inizio lentissimo.
Lo consiglio?
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