Twin Peaks: Il Ritorno - Articolo a cura di Umberto Visani

  

twin peaks il ritorno


Genere: fantastico, drammatico, thriller
Anno: 2017
Paese di Produzione: Stati Uniti d'America
Stagioni: 1
Episodi: 18
Soggetto: David Lynch, Mark Frost
Regia: David Lynch
Sceneggiatura: David Lynch, Mark Frost
Cast: Kyle MacLachlan (Dale Cooper), Sheryl Lee (Laura Palmer)
Michael Horse (Deputy Hawk), Mädchen Amick (Shelly Johnson)
Dana Ashbrook (Bobby Briggs), Kimmy Robertson (Lucy Moran)
Harry Goaz (Andy Brennan), Ray Wise (Leland Palmer)
Grace Zabriskie (Sarah Palmer), Everett McGill (Big Ed Hurley)

Trama:

La terza stagione di Twin Peaks riprende 25 anni dopo gli eventi della seconda stagione di cui a un precedente articolo dell’amico Roberto Terzaroli. L'agente speciale Dale Cooper è ancora intrappolato nella Loggia Nera, mentre il suo doppelgänger malvagio è a piede libero e semina il caos. Nel frattempo, strani eventi si verificano in tutto il paese, collegati a misteriose entità soprannaturali e a una forza oscura nota come “Judy”. La serie si muove tra realtà diverse, mondi paralleli e personaggi nuovi e vecchi, offrendo un viaggio surreale e inquietante attraverso il tempo, la mente e l'identità. Cooper tenta disperatamente di tornare alla sua vera natura e di salvare se stesso, Laura Palmer e, forse, l'intero universo.


Cosa ne penso (pochi spoiler):

Mi sono avvicinato alla terza stagione di Twin Peaks con aspettative altissime, derivanti dall’aver visto le prime due stagioni quando erano uscite nel 1990, a soli sette anni, fortemente attratto sia dai misteri che venivano mostrati sia da come la serie volesse sottolineare la complessità della realtà e l’esistenza di mondi ulteriori rispetto a quello di cui abbiamo percezione quotidianamente con i nostri cinque sensi.
La terza stagione di Twin Peaks rappresenta una dichiarazione di intenti del regista David Lynch: il mistero non si può più di tanto spiegare, si può solo vivere e percepire in tutte le sue oscure sfaccettature. Un miraggio continuo, dove il vero non è mai raggiungibile, ma sempre un passo più lontano, al di là dell’orizzonte.
Twin Peaks: The Return, è un’opera che sfida la razionalità, sbeffeggia la linearità narrativa e immerge lo spettatore in un caos che non è né ordine né disordine, ma una sua forma mistica e unica. Come in un sogno senza fine, gli eventi si susseguono in maniera discontinua, senza mai dare al pubblico la soddisfazione della risposta finale, proprio in quanto tale risposta non necessariamente esiste. 
Nella serie vediamo personaggi nuovi e vecchi, in una Twin Peaks che ha sempre il suo “look” anni Cinquanta, pur essendo teoricamente ambientata ai giorni nostri. In tutto questo, molto fascinoso il personaggio di Becky Briggs (Amanda Seyfried), la figlia di Bobby Briggs e Shelly Johnson. La sua presenza, seppur relativamente ridotta, è significativa e carica di simbolismo, e si inserisce perfettamente nel tema della "nuova generazione" che porta avanti, e al contempo ripete, i cicli di trauma, conflitto e ricerca di identità. Nel contesto della trama più ampia di Twin Peaks: The Return, il personaggio di Becky è anche un riflesso della distorsione della realtà e del passaggio tra mondi diversi, un tema centrale della stagione. Come molti altri personaggi, Becky non è mai completamente consapevole di cosa stia succedendo intorno a lei e si muove in un mondo confuso, dove le linee tra il bene e il male sono sfocate e le sue azioni spesso sembrano inconsce o pilotate da forze esterne. La presenza di Becky in questa dimensione esoterica e surreale di Twin Peaks suggerisce che il trauma e il dolore che i personaggi hanno vissuto nella stagione originale non siano mai davvero superati, ma continuano a rimanere come una sorta di ombra che pervade le vite dei discendenti. Becky sembra essere intrappolata in una realtà parallela, dove il suo comportamento è influenzato da forze invisibili, proprio come le forze misteriose che governano l'intero mondo di Twin Peaks. Questo allude anche al concetto di "entità" che controllano o alterano la percezione degli individui, un tema ricorrente dalla prima stagione.
Il Fireman, un essere che sembra venir fuori da un’altra dimensione temporale, con i suoi enigmatici messaggi, rappresenta una sorta di figura salvifica. La sua presenza inquieta, quasi trascendentale, pare suggerire che il male, incarnato dalla figura di Bob, sia un principio primordiale che esiste oltre le dimensioni, al di fuori del controllo umano. Il nostro tentativo di comprendere il male attraverso i suoi portatori, come Mr. C (la parte malvagia di Cooper), è destinato a fallire. Il male in Twin Peaks non ha forma; è un'infezione che pervade il mondo e, paradossalmente, diventa il veicolo per la salvezza di Cooper stesso.
Ma la stagione 3 non è solo il ritorno di Cooper, è anche una riflessione sul tempo stesso. Quando Cooper assume le sembianze di Dougie Jones, la sua esistenza si confonde con la realtà che lo circonda, diventando un involucro vuoto, un corpo che non riesce a riconoscere il proprio sé. È una sorta di prigione involontaria, una sospensione tra l’essere e il non-essere, una riflessione sulla nostra capacità di essere “vivi” nel mondo, ma al contempo profondamente assenti, come se l’autenticità dell'esistenza fosse solo un sogno spezzato. 
E infine, c’è Laura Palmer, la regina silente di questo caos. Il suo grido finale, l'eco di una verità mai rivelata, è l'urlo dell'uomo che ha finalmente capito che, forse, le risposte non arriveranno mai. La sua figura è tanto una chiave quanto un muro insormontabile. Lynch non è interessato a chi sia Laura Palmer. Quello che conta è ciò che lei rappresenta: la sfuggente intersezione tra l’innocenza e la corruzione, il sacrificio e la redenzione, l’apparenza e la verità nascosta dietro ogni maschera. Laura è la domanda che non trova mai una risposta, il mistero che abita in ogni angolo di Twin Peaks.
Uno dei meriti di Twin Peaks – Stagione 3 è la distruzione della narrativa tradizionale. Lynch ci esorta a rinunciare alla comprensione razionale e ad abbracciare l'assurdo. Il tempo si piega, le dimensioni si sovrappongono, le immagini non sono mai ciò che sembrano. In questa straordinaria messa in scena, Lynch non ci dà risposte facili. Ci offre solo la possibilità di vedere e percepire l’immensità dell’incomprensibile. 
Twin Peaks è un’opera che trascende la televisione e diventa esperienza pura, una riflessione metafisica sul nostro posto nell’universo, un caleidoscopio di immagini, emozioni e pensieri che si moltiplicano all'infinito.
Iconico il gran finale, con una domanda che ancora echeggia nelle orecchie dello spettatore: “what year is this?”



 (Articolo a cura di Umberto Visani)
 



 
 





Commenti