I Peccatori (2025) - Recensione a cura di Umberto Visani

 

i peccatori

Genere: Azione, orrore, western.  
Paese di produzione: Stati Uniti d'America.  
Durata:137 minuti.  
Produzione: Warner Bros., Proximity Media, Domain Entertainment.  
Produttori: Zinzi Coogler, Sev Ohanian, Ryan Coogler.  
Regia: Ryan Coogler.  
Sceneggiatura: Ryan Coogler.  
Cast principale: Michael B. Jordan (Elijah "Smoke" Moore / Elias "Stack" Moore)
Hailee Steinfeld (Mary), Miles Caton (Sammie "Preacher Boy" Moore).  

Trama:

Nel Mississippi degli anni '30, due gemelli afroamericani, Elijah ed Elias Smoke (entrambi interpretati da Michael B. Jordan), tornano nella loro città natale con l'intento di lasciarsi alle spalle un passato difficile e ricominciare da capo. Insieme a Sammie, un giovane chitarrista itinerante, e ad altri membri della comunità, fondano un club clandestino dove la musica nera può risuonare liberamente, diventando un simbolo di resistenza culturale e spirituale. Le note del blues, intrise di dolore e speranza, echeggiano nel locale, richiamando l'eredità di Robert Johnson e la leggenda del suo patto col diavolo. Tuttavia, nelle ombre che circondano il club, si cela una minaccia oscura...




Cosa ne penso (pochi spoiler):

Sono andato a vedere “I Peccatori” per la fascinazione che provo verso il profondo sud degli Stati Uniti; ero a conoscenza di pochi aspetti del film, se non che fosse tipicamente “bayou” a livello di atmosfere. Nel trailer si percepiva una forte venatura horror a base di vampiri i quali però, per oltre metà film, nemmeno compaiono. È stata grande, quindi, la sorpresa nel vedere un’opera che veleggiava più vicino alla figura di Robert Johnson (mai nominato ma presente in spiritu) attraverso il personaggio di Sammie, il giovane chitarrista che, come Johnson, sembra avere un legame soprannaturale con la musica. 
Il regista Ryan Coogler offre uno spaccato della vita di una comunità nera dell’epoca per oltre un'ora, prima che Remmick, vampiro irlandese interpretato da Jack O'Connell, si faccia strada tra le loro esistenze lasciando una scia di sangue, in primis dopo aver predato una famiglia affiliata al Ku Klux Klan, riuscendo a farsi invitare all'interno ma sfuggendo ai cacciatori di vampiri nativi americani Choctaw che lo inseguivano. Proprio il tema dell’invito risulta centrale anche nel corso dell’assedio al club musicale afroamericano: questi vampiri, come tutte le entità, possono entrare solo se invitate di proposito, e la sceneggiatura pone forte attenzione su questo aspetto molto conosciuto a chi si occupa di certe tematiche. 
Vi sono alcune scene molto evocative, come quella all’interno del club quando Sammie riesce sostanzialmente a squarciare lo spazio-tempo grazie alla grandezza della propria musica e si vedono suonare e cantare nello stesso momento musicisti del futuro, con tanto di chitarra elettrica e consolle da dj. E anche i vampiri di Remmick hanno la loro musica, fatta di “traditional” di area irlandese, suonati con trasporto con violini, chitarre, banjo. Qui il regista sembra volersi interfacciare in modo profondo con la comunità afroamericana facendo uso di un registro che molti cineasti horror neri mainstream prima di lui non sono riusciti a utilizzare nel tentativo di scuotere le coscienze. Coogler intende infatti far comprendere come l’adesione a stilemi altrui porti sempre a numerose problematiche e risulti invece preferibile salvaguardare la propria identità, le proprie usanze, le proprie religioni, senza farsi omologare e senza voler omologare, vivendo in una sorta di “casa divisa” in cui ciascuno mantenga vive le proprie tradizioni senza mai obliarle.
Per chi conosce il videogioco “South of Midnight”, le affinità tematiche e visive sono evidenti. Anche lì abbiamo il folklore bayou, la magia nera. Ma mentre il gioco sviluppa un'estetica da fiaba macabra, I Peccatori è molto più cupo, ruvido, quasi "viscerale". Entrambe le opere attingono a una matrice culturale profonda, che ha le radici nelle storie tramandate oralmente, vivissime nella memoria afroamericana.

Il film piacerà a:
Coloro che apprezzano gli horror metaforici dove vi sia un forte messaggio ulteriore rispetto alla mera messa in scena.
 
Il film non piacerà a:
Chi pensava fosse fortemente horror e, invece, per quasi 70 minuti non vi è sostanzialmente nulla di orrorifico.
 
Pregi:
Atmosfera bayou, trama che vuol lanciare un messaggio preciso in cui l’horror è solamente un mezzo per il fine del messaggio superiore.
 
Difetti:
La componente horror della seconda parte ha un sapore di già visto.
 
Lo consiglio? 






 (Recensione a cura di Umberto Visani)
 



 
 

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