Drop (2025) - Recensione a cura di Umberto Visani

  

drop


Genere: Thriller, Mistero, Drammatico
Paese di produzione: Stati Uniti
Durata: 85 minuti
Produzione: Universal Pictures
Produttori: Michael Bay, Jason Blum, Brad Fuller, Cameron Fuller, Sam Lerner
Regia: Christopher Landon
Sceneggiatura: Jillian Jacobs, Chris Roach
Cast principale: Brandon Sklenar (Henry), Meghann Fahy (Violet), Violett Beane (Jen)

Trama:

Durante un primo appuntamento al ristorante, una giovane donna, Violet, riceve una serie di messaggi anonimi su una app basata sulla geolocalizzazione in cui uno sconosciuto la minaccia di uccidere suo figlio se non eseguirà ordini sempre più pressanti e moralmente difficili. Isolata, sorvegliata e sotto ricatto, Violet dovrà decidere fin dove sia disposta a spingersi per salvare il bambino.




Cosa ne penso (no spoiler):

Sono andato a vedere Drop dopo aver guardato metà trailer, per evitare spoiler, convinto dall’atmosfera inquietante delle scene e dal soggetto ambientato in un ristorante di lusso di Chicago.Quando si parla di Christopher Landon, molti penseranno subito al regista dalle atmosfere teen horror di “Auguri per la tua morte”, ma chi ha visto “We Have a Ghost” (Un fantasma in casa) sa che egli è ossessionato da un concetto chiave: l'invasione della privacy come atto predatorio. Con Drop il regista porta questa paranoia a un nuovo, disturbante livello.
Il ristorante è elegante, l’atmosfera è sospesa, all’inizio la tensione è semplicemente quella tipica dei nuovi incontri, dei nuovi potenziali inizi, dove tutto è incerto e aleatorio… Fin qui sembra l’incipit di una mediocre rom-com di Netflix. E invece no. Violet (una magnifica Meghann Fahy) entra in un incubo, a ogni messaggio su una app da parte di uno sconosciuto la cui geolocalizzazione è entro 15 metri dalla sua posizione, la tensione sale, a ogni decisione la moralità si sgretola. “Segui le istruzioni o tuo figlio muore.” Da qui inizia una lenta, agghiacciante discesa agli inferi. Non per effetto di fantasmi o creature mostruose, ma per mano di qualcosa di molto più reale: la manipolazione perfetta. Landon chiude i protagonisti in uno spazio ridotto e li spinge all’estremo. Il cellulare diventa strumento di tortura, alienante, con il commensale di Violet sempre più sorpreso da quelle che, ai suoi occhi, paiono come bizzarrie della tipica psicopatica conosciuta su una app.
La vicenda si svolge con tensione crescente e snodi morali sempre più difficili da gestire per Violet. Poi succede l’inaspettato: arriva il finale, e tutto salta.
Il film, che fino a quel momento aveva giocato con l’essenzialità, all’improvviso perde la direzione. Inizia un accumulo frenetico di eventi e mosse che sembrano uscite da un libro di cliché. La coerenza narrativa cede il passo a un pasticcio visto e rivisto altrove, la messa in scena diventa frettolosa, affastellata, quasi procedurale. Non c’è più tensione, ma solo esposizione confusa come se Landon avesse lasciato che una IA con il prompt "scrivi un finale thriller pieno di eventi" concludesse il lavoro.
Un vero peccato, per un film iniziato e proseguito con ottime idee e tensione crescente.

Il film piacerà a:
Coloro che apprezzano atmosfere claustrofobiche e tensione derivante da scelte morali impossibili.
 
Il film non piacerà a:
Chi avrebbe voluto un finale degno di un ottimo inizio.
 
Pregi:
Meghann Fahy bravissima nella parte di una giovane donna minacciata da uno sconosciuto e vogliosa di salvare il proprio figlio. Fotografia accattivante, soggetto ben ideato.
 
Difetti:
Finale poco credibile, pieno di cliché messi a caso tutti insieme con una ridondanza eccessiva.
 
Lo consiglio? 






 (Recensione a cura di Umberto Visani)
 



 
 


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