Margin Call (2011) - Retrospettiva a cura di Umberto Visani

  

margin call

Genere: Thriller, Drammatico
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Durata: 107 minuti
Regia: J. C. Chandor
Sceneggiatura: J. C. Chandor
Casa di produzione: Lions Gate Films, Roadside Attractions, Myriad Pictures
Benaroya Pictures Before The Door Pictures, Washington Square Films
Untitled EntertainmentSakonnet Capital Partners
Produttori: Joe Jenckes, Robert Ogden Barnum, Corey Moosa
Michael Benaroya, Neal Dodson, Zachary Quinto
Cast: Kevin Spacey, Paul Bettany, Jeremy Irons

Trama:

Il giovane analista Peter Sullivan (Zachary Quinto) scopre che la banca di investimento in cui lavora è sull’orlo del collasso. Il suo ex capo Eric Dale (Stanley Tucci) ha lasciato dati allarmanti, spingendo i dirigenti Jared Cohen (Simon Baker), Sarah Robertson (Demi Moore) e Sam Rogers (Kevin Spacey) a riunirsi una notte per prendere decisioni cruciali. Sotto la guida spietata del CEO John Tuld (Jeremy Irons), la banca sceglie di svendere i titoli, scatenando il panico sul mercato e mandando in miseria molte persone.



Cosa ne penso (pochi spoiler):

Margin Call, di J.C. Chandor, pellicola del 2011, è la storia, raccontata dall'interno, di uno dei tanti collassi di banche d'investimento di Wall Street che si sono verificati dal 2007 in avanti, ed è una storia che - basata sulle prestazioni attoriali di primissimo livello di Kevin Spacey, Jeremy Irons, Paul Bettany, Demi Moore e altri - rappresenta un pugno nello stomaco per chi si faccia ancora illusioni sulla reale natura del capitalismo e della finanza.
Un gruppo di uomini (ma, forse, sarebbe più corretto dire “squali”) si fa le scarpe a vicenda nella fase di collasso verticale di una banca d'affari che ha lucrato molto sui mutui concessi senza adeguate coperture e, improvvisamente, si ritrova ad essere sull'orlo del più totale fallimento.
Non è la storia in sé a colpire lo spettatore, ma il modo con cui viene raccontata, con una partecipazione personale ed emotiva che induce a pensare a un'autentica “insider's view”.
I protagonisti che la animano sono soggetti per i quali l'unico valore è il denaro, molto denaro. Non hanno principi, etica, rispetto di se stessi e del prossimo. Per loro conta solo il denaro, il loro cinismo è totale, la loro mancanza di principi morali assoluta, il loro universo di disvalori angosciante.
Il film è un durissimo atto di accusa contro il capitalismo finanziario. Mettendone in scena personaggi, "valori", pratiche, conformismi e abitudini, esso si trasforma in un terribile atto di accusa e indica, per via empatica, chi siano, come si comportino e come (s)ragionino gli autori di quell'"economicidio" di cui siamo vittime da anni. Ci illustra nei dettagli la natura dei nostri carnefici, ci fa capire a chi dobbiamo il dubbio privilegio di poter essere ormai considerati degli "invisibili", dei morti viventi, degli uomini privi di speranza e di futuro. Ci evidenzia come il denaro sia realmente quanto di più deprecabile possa esistere se eretto a fine e non circoscritto a mezzo.
Margin Call racconta tutto questo con perizia, dimostrando una volta di più che una teoria, se si trasforma in storia, può fare molto danno a coloro che hanno causato tutto questo, perché ne fa proprie le tecniche, e le volge contro di essi.

Il film piacerà a:
Gli amanti dei film che mostrano le storture della modernità e i dissesti da essa portati.
 
Il film non piacerà a:
Chi è fautore del capitalismo e/o ne riceve solo i vantaggi.
 
Pregi:
Trama brillante, attori molto convincenti.

Difetti:
Non osare appieno nell’individuazione e nel fare menzione dei responsabili del dissesto.
 
Lo consiglio?





 (Retrospettiva a cura di Umberto Visani)
 



 
 




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