Io sono la fine del mondo - Recensione a cura di Umberto Visani
Genere: Commedia
Paese di produzione: Italia
Durata: 96 min
Produzione: Indiana Production, Vision DistributionDurata: 96 min
Produttore: Marco Cohen, Benedetto Habib, Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli
Regia: Gennaro Nunziante
Sceneggiatura: Angelo Duro, Gennaro Nunziante
Cast: Angelo Duro, Giorgio Colangeli, Evelyn Famà
Trama:
Angelo Duro vive a Roma e di mestiere accompagna a casa giovani ubriachi il sabato sera. La sorella un giorno gli chiede aiuto per aiutare i genitori, dovendo partire in vacanza con il marito. Angelo accetta, di malavoglia, cogliendo però così l’occasione per consumare una sorta di vendetta personale per alcuni accadimenti della sua infanzia.
Cosa ne penso (no spoiler):
Angelo Duro da anni rappresenta uno dei pochi comici, se non forse l’unico, che si sia autoconcesso la licenza di uscire dagli orripilanti dogmi del politically correct e che, libero da questo fardello, possa mettere nel ridicolo tutto ciò che ormai tende a rappresentare una sorta di bolla sempre più ampia di temi intoccabili sui quali guai a poterci scherzare sopra, pena il vedersi cucita l’etichetta di omofobo, body-shamer, filoputiniano, misogino, insensibile e via discorrendo.
Pur con queste ottime premesse, sono andato a vedere il film con il dubbio che fosse difficile poter creare una vicenda che avesse una sua coerenza interna, una sua trama delineata che non si riducesse a una serie di sketch/gag comici fini a se stessi e scollegati tra loro. Queste perplessità sono state subito messe da parte grazie a una sceneggiatura credibile dove la bravura di Duro viene esaltata insieme a quella di altri attori comprimari, in particolare i suoi genitori. La storia verte fortemente sul rapporto tra Angelo Duro e i genitori, giocando su una serie di divieti impostigli nell’infanzia (sostanzialmente tutto quel coacervo di amenità che, per fortuna, molti di noi si sono scampati essendo più tipiche della generazione dei nonni che dei genitori, tipo “bevi piano e non freddo”, “non fare il bagno subito dopo pranzo”, “vai piano”, “non mangiare queste schifezze”, “ti portiamo in collegio se non fai il bravo” e quant’altro), divieti che Angelo ben ricorda e per conseguenza dei quali decide di “vendicarsi” in una sorta di “contrappasso” per cui vieterà il vino al padre inventandosi un parere medico inesistente, porterà i genitori a visitare una RSA costruita al posto del collegio dove era stato portato lui e altri esempi che non svelo.
In questo c’è anche spazio per il “romance”, con un accenno di potenziale liaison con un’infermiera cui Angelo si rivolge per cercare di ospedalizzare i genitori e inviare le fotografie di loro ricoverati alla sorella in vacanza, in modo da farla spaventare mentre si trova all’estero. Ma nel mondo di Angelo Duro non c’è spazio per “love-stories”, tantomeno a lieto fine, per cui tutto inizia malissimo ancor prima di poter finire altrettanto male.
In tutto questo, verso la fine pare aprirsi uno spiraglio di “pars construens”, per quanto dissacrante, in cui mettere alla berlina il finto buonismo della sorella che risulta poi essere la prima a voler portare i genitori nella RSA. Angelo no, li libera e li porta sul proprio camper nuovo di zecca. Diretto dove? Allo spettatore la visione del luogo scelto da Duro per i genitori, forse in parte scontato…
Il film piacerà a:
Gli amanti dell’umorismo crudo, nero e, diciamolo, duro, di Angelo Duro.
Il film non piacerà a:
Ai buonisti, a chi sottoscrive il politicamente corretto riempiendosi la bocca di parole tipiche della neolingua orwelliana che cercano di indorare gli orrori della modernità.
Pregi:
La presenza di Angelo Duro con il suo umorismo.
Difetti:
Il rapporto genitori-figli non è forse quello che maggiormente consente all’umorismo di Duro di emergere in tutta la sua forza, appiattendosi su una mono-dimensione che stona con la poliedricità del comico.
Lo consiglio?
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