Mulholland Drive (2001) - Retrospettiva a cura di Umberto Visani
Titolo originale: Mulholland Dr.
Genere: Noir, drammatico, thriller
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Francia
Durata: 146 min
Produzione: Les Films Alain Sarde, Asymmetrical Productions, StudioCanal, The Picture Factory Durata: 146 min
Produttore: Neal Edelstein, Tony Krantz, Michael Polaire, Alain Sarde, Mary Sweeney
Produttore esecutivo: Pierre Edelman
Regia: David Lynch
Sceneggiatura: David Lynch
Cast: Naomi Watts, Laura Harring, Justin Theroux
Trama:
Una donna (Laura Harring) è l'unica sopravvissuta a un incidente d'auto sulla Mulholland Drive, una strada sulle colline di Hollywood. Ferita e sotto shock, scende a Los Angeles ed entra in una casa. Più tardi, quella mattina, un'aspirante attrice, Betty Elms (Naomi Watts) arriva in questa casa, normalmente occupata da sua zia Ruth, ed è sorpresa di trovare la donna, che fatica a ritrovare ordine nei ricordi. Nel frattempo, il regista Adam Kesher (Justin Theroux) subisce forti pressioni da parte di alcuni soggetti che insistono affinché la parte della protagonista venga affidata a un'attrice sconosciuta di nome Camilla Rhodes, malgrado lui fosse affascinato da Betty.
Cosa ne penso (no spoiler):
Ci sono film che hanno un impatto fortissimo sul gusto personale, portandoti a capire cosa realmente ti piaccia e a influenzare anche il tuo stile di scrittura in ambito narrativo. Mulholland Drive di David Lynch, come anche la sua precedente opera, Strade Perdute, è sicuramente il film che maggiormente ritengo abbia influito su di me. Fornire uno spaccato della trama non è facile, essendovi alcune sottotrame che lasciano intuire come in origine il regista avesse intenzione di realizzare una serie televisiva anziché un film.
Sulla struttura “bipartita” del film, sul contrasto sogno/realtà o realtà/incubo, sulla crisi di identità delle protagoniste, sull’architettura fortemente onirica e circolare dell’opera, si sono susseguite numerose interpretazioni, molte delle quali troppo ancorate a un inutile tentativo di voler razionalizzare e spiegare quando, al contrario, la sintassi del cinema “lynchano” è lontana anni luce da queste categorie di pensiero, collocandosi invece su una dimensione spesso onirica che prevale su quella piattamente realistica e, ancor più, posizionandosi su una dimensione figurale che sovrasta quella razionale discorsiva.
Tenere in considerazione questo è essenziale per poter accedere all’opera, viverla cercando di capire il punto di vista del regista e abbandonarsi nei suoi mondi, dove l’aver guardato altri precedenti film (Strade Perdute e Velluto Blu, su tutti) o serie tv (Twin Peaks) può fornire maggiori chiavi ermeneutiche che portino a non ridursi a dire “non ho capito”, proprio perché non occorre capire in termini razionali ma percepire in ottiche non sempre causali.
Con tutto questo in mente, l’opera disvela la propria complessità, all’interno di una trama che parte come noir e si dipana ai confini dell’incubo, tra i sogni e le aspirazioni di una giovane attrice e la potenziale terribile realtà in una tipica poetica della frattura.
Sulla struttura “bipartita” del film, sul contrasto sogno/realtà o realtà/incubo, sulla crisi di identità delle protagoniste, sull’architettura fortemente onirica e circolare dell’opera, si sono susseguite numerose interpretazioni, molte delle quali troppo ancorate a un inutile tentativo di voler razionalizzare e spiegare quando, al contrario, la sintassi del cinema “lynchano” è lontana anni luce da queste categorie di pensiero, collocandosi invece su una dimensione spesso onirica che prevale su quella piattamente realistica e, ancor più, posizionandosi su una dimensione figurale che sovrasta quella razionale discorsiva.
Tenere in considerazione questo è essenziale per poter accedere all’opera, viverla cercando di capire il punto di vista del regista e abbandonarsi nei suoi mondi, dove l’aver guardato altri precedenti film (Strade Perdute e Velluto Blu, su tutti) o serie tv (Twin Peaks) può fornire maggiori chiavi ermeneutiche che portino a non ridursi a dire “non ho capito”, proprio perché non occorre capire in termini razionali ma percepire in ottiche non sempre causali.
Con tutto questo in mente, l’opera disvela la propria complessità, all’interno di una trama che parte come noir e si dipana ai confini dell’incubo, tra i sogni e le aspirazioni di una giovane attrice e la potenziale terribile realtà in una tipica poetica della frattura.
Il film piacerà a:
Amanti di trame complesse, non necessariamente lineari, raccontate con una cifra visiva sublime, figurativa, immaginifica.
Amanti di trame complesse, non necessariamente lineari, raccontate con una cifra visiva sublime, figurativa, immaginifica.
Il film non piacerà a:
Chi ha una forma mentis che porta a voler razionalizzare e spiegare ogni cosa a tutti i costi.
Pregi:
Lynch all’ennesima potenza.
Lynch all’ennesima potenza.
Difetti:
Avrebbe potuto essere una serie tv ma… le major cinematografiche non l’hanno finanziata.
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