Giurato numero 2 (2024) - Recensione a cura di Umberto Visani

 

giurato numero 2
 
Titolo originale: Juror #2
Genere: Drammatico, Thriller
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Durata: 114 min
Produzione: Dichotomy Films, Gotham Group, Malpaso Productions
Produttore: Clint Eastwood, Tim Moore, Jessica Meier, Adam Goodman e Matt Skiena
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Jonathan Abrams
Cast: Nicholas Hoult, Toni Collette, J.K. Simmons

Trama:

Justin Kemp (Nicholas Hoult), giornalista e alcolista in via di guarigione, viene chiamato a far parte della giuria in un caso riguardante la morte di una ragazza che un anno prima aveva litigato con il fidanzato in un bar ed era stata trovata morta sotto un ponte. Le indagini avevano portato alla messa in stato di accusa del fidanzato.




Cosa ne penso (no spoiler):
 
Sono andato a vedere Giurato numero 2 con qualche perplessità derivante dallo stile di Clint Eastwood a me non sempre gradito, trovandolo spesso greve, con rare eccezioni. In questo caso, invece, sono stato smentito da una pellicola estremamente ben ideata.
Cosa succederebbe se un uomo comune, scelto come giurato in un caso di omicidio stradale, si rendesse conto di essere stato proprio lui a commettere il crimine? Che forse il cervo colpito in auto una notte non era affatto un cervo? Queste le domande principali di Giurato numero 2, che si snoda come un vero e proprio “legal drama”.
Un senso di inquietudine aleggia ben prima che il protagonista, Justin Kemp, accetti con riluttanza la convocazione per essere scelto come giurato. Sua moglie Ally (Zoey Deutch) è al terzo trimestre di gravidanza e l’ansia coniugale è aggravata dalla dipendenza di Justin dall’alcol. Malgrado ciò, Justin non viene ricusato come giurato né dalla procuratrice Faith Killebrew (Toni Collette), né da un avvocato d'ufficio (Chris Messina) che cerca di fare del suo meglio per un cliente (Gabriel Basso) apparentemente colpevole dell’omicidio della propria fidanzata a seguito di un’accesa discussione in un bar di Savannah, Georgia.
La storia “procedurale” viene mostrata con maestria, dando uno spaccato di come funzioni il sistema giudiziario statunitense e quale importanza abbia in esso la giuria, con tutte le problematiche relative al dover cercare di giungere a un verdetto unanime. Nel caso in questione, a molti giurati non pare interessare molto quale sia la verità, desiderosi di tornare a casa dopo aver fornito un verdetto che risulti provato al di là di ogni ragionevole dubbio. Ragionevole dubbio che, nel film, viene insinuato da un ex poliziotto all’interno della giuria stessa, il quale mostra come il presunto colpevole appaia molto presunto e poco colpevole per una serie di motivi che non sveliamo.
Il travaglio interiore del protagonista, tra volontà di salvare il colpevole che tale non è ma anche se stesso, racchiude tutta la dinamica principale della pellicola, unitamente alle perplessità della procuratrice, la quale comprende come la vicenda sia piena di chiaroscuri, fino a un finale dal forte impatto.

Il film piacerà a:
Gli amanti dei legal drama e delle vicende con risvolti morali non indifferenti.
 
Il film non piacerà a:
Chi non gradisce i film “procedurali” percependoli a volte “lenti”.
 
Pregi:
Struttura molto solida, regia sapiente, fotografia di buon livello, soggetto ben ideato, interpretazioni attoriali ottime.
 
Difetti:

Nessun difetto particolare.
 
Lo consiglio? 
 




 

 (Recensione a cura di Umberto Visani)
 



 
 




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