Il Gladiatore II (2024) - Recensione a cura di Umberto Visani
Titolo Originale: Il Gladiatore II
Genere: Storico, epico, azione, drammatico, avventura
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Regno Unito
Durata: 148 min
Produzione: Paramount Pictures, Scott Free Productions, Red Wagon Entertainment, P + M Image Nation Durata: 148 min
Produttore: Ridley Scott, Michael Pruss, Douglas Wick, Lucy Fisher, David Franzoni
Regia: Ridley Scott
Sceneggiatura: David Scarpa
Cast: Connie Nielsen, Paul Mescal, Pedro Pascal
Trama:
Più di due decenni dopo gli eventi del Gladiatore, Lucio (Paul Mescal), figlio di Lucilla e Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), vive con la moglie in Numidia. I soldati romani guidati dal generale Marco Acacio (Pedro Pascal) assaltano la città, uccidendo la moglie e facendo di Lucio uno schiavo. Sulle orme del padre, Lucio inizia a combattere come gladiatore sotto l’ala protettrice di Macrino (Denzel Washington), un ex schiavo che trama per rovesciare i due imperatori Caracalla e Geta.
Cosa ne penso (no spoiler):
Sono andato a vedere Il Gladiatore II di Ridley Scott con una certa titubanza derivante sia dal suo recente Napoleon, film pietoso, sia dalla definizione di “miglior popcorn movie dell’anno” affibbiatagli da un magazine straniero.
I paragoni con Il Gladiatore, film di gran livello sempre di Scott, sorgono spontanei, trattandosi di un seguito. Seguito che, in realtà, nel modo in cui racconta una vicenda sostanzialmente identica potrebbe anche far pensare a un remake, non fosse che vi è una linea temporale precisa con eventi successivi al primo film, che però seguono un iter narrativo fortemente sovrapponibile.
Le somiglianze, però, finiscono qui e, proprio nel confronto con l’illustre predecessore, emergono problemi di non scarsa portata. Il primo aspetto evidente è l’assoluta pochezza attoriale del protagonista, Paul Mescal, che magari potrà essere bravo in altre parti ma come gladiatore risulta convincente quanto lo sarebbe stato Vaporidis. Rimanendo in campo attoriale, va invece segnalata la sontuosa performance di Denzel Washington, perfetto nei panni di Macrino, personaggio con forti chiaroscuri nei vari intrighi di palazzo.
Il profilo sotto il quale il film fallisce più miseramente è quello di creare una storia che sia pregna di “epos” ed “ethos” al tempo stesso. Molti ricorderanno i discorsi di Massimo Decimo Meridio, discorsi che trasudavano epicità e che davano alla pellicola una portata maieutica e formativa, alla stregua di Braveheart, precedente di alcuni anni, film che molto ha fatto per far risorgere l’indipendentismo scozzese. Ecco, vent’anni e poco più dopo, tutto questo viene a mancare, i discorsi di Lucio sono un’ode al vivere alla giornata, al “portare a casa il risultato” giorno dopo giorno, senza alcun afflato epico che dovrebbe essere molto presente in produzioni di tal tipo.
Sotto questo punto di vista il film si adagia a tutto il malcostume moderno, ben guardandosi dal cercare invece di creare un gusto, di formare/costruire idee come fecero sia Il Gladiatore con Russell Crowe sia Braveheart.
Dopo Megalopolis di Coppola, ecco quindi un altro film che mostra il mondo romano (in un futuro alternativo, in Coppola) per metterlo come metro di paragone con il mondo di oggi, facendo vedere come le problematiche odierne esistessero anche all’epoca in quanto insite nell’animo umano.
Un ulteriore elemento che non può non far storcere il naso è che se ne Il Gladiatore si notava qualche imprecisione storica, qui siamo di fronte quasi a una versione fumettistica, con scimmie nelle arene dei gladiatori che sembrano uscite da Il Pianeta delle Scimmie, con uno scontro con un gladiatore a dorso di rinoceronte che pare Commander Brutus del celebre videogame Elden Ring e con i due imperatori Geta (l’attore una sorta di sosia di Ed Sheeran) e Caracalla che paiono ben più psicopatici di quanto riportato nelle cronache dell’epoca.
Ecco quindi che la definizione di “popcorn movie” ben si adatta a un’opera visivamente piacevole, con una buona fotografia e alcuni scontri adrenalici che fanno trascorrere velocemente le due ore e mezza di visione.
I paragoni con Il Gladiatore, film di gran livello sempre di Scott, sorgono spontanei, trattandosi di un seguito. Seguito che, in realtà, nel modo in cui racconta una vicenda sostanzialmente identica potrebbe anche far pensare a un remake, non fosse che vi è una linea temporale precisa con eventi successivi al primo film, che però seguono un iter narrativo fortemente sovrapponibile.
Le somiglianze, però, finiscono qui e, proprio nel confronto con l’illustre predecessore, emergono problemi di non scarsa portata. Il primo aspetto evidente è l’assoluta pochezza attoriale del protagonista, Paul Mescal, che magari potrà essere bravo in altre parti ma come gladiatore risulta convincente quanto lo sarebbe stato Vaporidis. Rimanendo in campo attoriale, va invece segnalata la sontuosa performance di Denzel Washington, perfetto nei panni di Macrino, personaggio con forti chiaroscuri nei vari intrighi di palazzo.
Il profilo sotto il quale il film fallisce più miseramente è quello di creare una storia che sia pregna di “epos” ed “ethos” al tempo stesso. Molti ricorderanno i discorsi di Massimo Decimo Meridio, discorsi che trasudavano epicità e che davano alla pellicola una portata maieutica e formativa, alla stregua di Braveheart, precedente di alcuni anni, film che molto ha fatto per far risorgere l’indipendentismo scozzese. Ecco, vent’anni e poco più dopo, tutto questo viene a mancare, i discorsi di Lucio sono un’ode al vivere alla giornata, al “portare a casa il risultato” giorno dopo giorno, senza alcun afflato epico che dovrebbe essere molto presente in produzioni di tal tipo.
Sotto questo punto di vista il film si adagia a tutto il malcostume moderno, ben guardandosi dal cercare invece di creare un gusto, di formare/costruire idee come fecero sia Il Gladiatore con Russell Crowe sia Braveheart.
Dopo Megalopolis di Coppola, ecco quindi un altro film che mostra il mondo romano (in un futuro alternativo, in Coppola) per metterlo come metro di paragone con il mondo di oggi, facendo vedere come le problematiche odierne esistessero anche all’epoca in quanto insite nell’animo umano.
Un ulteriore elemento che non può non far storcere il naso è che se ne Il Gladiatore si notava qualche imprecisione storica, qui siamo di fronte quasi a una versione fumettistica, con scimmie nelle arene dei gladiatori che sembrano uscite da Il Pianeta delle Scimmie, con uno scontro con un gladiatore a dorso di rinoceronte che pare Commander Brutus del celebre videogame Elden Ring e con i due imperatori Geta (l’attore una sorta di sosia di Ed Sheeran) e Caracalla che paiono ben più psicopatici di quanto riportato nelle cronache dell’epoca.
Ecco quindi che la definizione di “popcorn movie” ben si adatta a un’opera visivamente piacevole, con una buona fotografia e alcuni scontri adrenalici che fanno trascorrere velocemente le due ore e mezza di visione.
Il film piacerà a:
Coloro che amano i film con scontri veloci in stile fumettistico.
Coloro che amano i film con scontri veloci in stile fumettistico.
Il film non piacerà a:
Chi ha amato il primo Gladiatore per la sua forza epica e che si ritrova una versione accomodata per il pubblico del 2024.
Pregi:
Visivamente affascinante, per quanto poco vicino alla realtà storica.
Visivamente affascinante, per quanto poco vicino alla realtà storica.
Difetti:
Nessun vero messaggio di formazione ma un limitarsi a notare certe storture del mondo antico che si palesano anche in quello moderno.
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