Cosmopolis (2012) - Retrospettiva a cura di Umberto Visani

 

Cosmopolis

Titolo Originale: Cosmopolis
Genere: Thriller, Drammatico
Paese di produzione: Canada, Francia, Italia, Portogallo
Durata: 109 min
Produzione: France 2, Alfama Films Production, Prospero Pictures, Kinology
Produttore: Paulo Branco, Martin Katz
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Cast: Robert Pattinson, Juliette Binoche, Sarah Gadon

Trama:

Un giorno, Eric Packer (Robert Pattinson), multimiliardario di 28 anni, decide di tagliarsi i capelli. Per farlo deve attraversare New York in un giorno in cui il Presidente degli Stati Uniti è in città e si svolge il funerale di una star del rap, il che rende il traffico un vero incubo. A bordo della sua limousine, Packer incontra diversi personaggi. A mano a mano che la giornata si protrae, Packer diventa sempre più spettinato e meno capace di attenersi alla sua idea di perfezione. Non solo, pare che qualcuno voglia ucciderlo...




Cosa ne penso (no spoiler):
 
Avendo guardato di recente Megalopolis di Francis Ford Coppola, per assonanza di titolo ho voluto rivedere Cosmopolis, di David Cronenberg, tratto dal romanzo di Don DeLillo.
Opera difficile, complessa, claustrofobica e verbosa, suscettibile di varie chiavi di lettura. I riferimenti alla crisi finale del capitalismo, quella stessa crisi che ci sta distruggendo, sono fin troppo chiari e scoperti per non poter essere individuati e rappresentano ovviamente il filo conduttore del film.
A mio giudizio, tuttavia, c'è anche molto di più; c'è una forma di tanatofobia (l'ossessione del protagonista per le sue condizioni cliniche, sottoposte a tale proposito a verifica quotidiana) che si trasforma progressivamente in tanatofilia, ove la frase "Anche quando ti autodistruggi, tu vuoi fallire di più, perdere di più, morire più degli altri, puzzare più degli altri", è paradigmatica di ciò. C'è, in essa, un senso di morte che devasta tutto e che tuttavia è intriso di un formidabile élan nichilista che fa di quella morte vita, che la riempie di contenuti estetici, che la trasforma in un'opzione per una vita nuova e diversa, che ci invita a distruggere tutto, a fare tabula rasa di tutto, per avere una chance per poter infine rinascere. Dunque la morte non come fine, ma come finalità creativa.
Emerge chiaramente, dall'opera cronenberghiana, la condanna totale del cybercapitalismo e delle sue logiche, e dunque l'opera stessa è anche un apologo della tragedia epocale in cui siamo immersi. Di quest'ultimo, la filologica fedeltà della sceneggiatura al testo del libro di DeLillo fornisce un approccio che taluni critici hanno ritenuto eccessivamente verboso, ma che a me pare fondamentale per valorizzare la potenza della parola, a fini esplicativi. Attraverso la parola si può ancora pervenire a comprendere le cose, anche se oggi questo fondamentale potenzialità è spesso negata (non a caso...). Per non parlare del fatto che, non meno delle immagini, la parola è enormemente evocatrice e, seppur priva di analogo potenziale empatico, consente tuttavia di raggiungere ben superiori livelli di comprensione. Che sono proprio quelli che più ci mancano, attualmente.


Il film piacerà a:
Coloro che amano i film sopra le righe, con trame non banali, non scontate e sovrarappresentative.
 
Il film non piacerà a:
I fanatici del realismo che vedono eccessi e scarse aderenze a una presunta realtà.
 
Pregi:
Rende perfettamente il romanzo sublime di DeLillo.
 
Difetti:

A tratti potrebbe apparire verboso a qualcuno.
 
Lo consiglio? 
 


 
 
 
 (Retrospettiva a cura di Umberto Visani)



 
 








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