Bugonia (2025)
Recensione a cura di: Umberto Visani
Titolo originale: Bugonia
Genere: Commedia dark, drammatico, fantascienza, poliziesco
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Corea del Sud, Irlanda, Canada, Regno Unito
Durata: 120 minuti
Regia: Yorgos Lanthimos
Produttori: Yorgos Lanthimos, Ari Aster, Lars Knudsen, Emma Stone, Miky Lee, Andrew Lowe, Ed Guiney
Casa di produzione: Square Peg, CJ ENM, Fruit Tree, Element Pictures
Cast: Jesse Plemons (Teddy Gatz), Emma Stone (Michelle Fuller), Aidan Delbis (Don), Stavros Halkias (Casey)
Trama:
I due cugini Teddy (Jesse Plemons) e Don (Aidan Delbis) vivono nella provincia americana in una cittadina anonima. Sono due apicoltori fanatici, convinti che vi sia una cospirazione aliena per prendere possesso dell’umanità. Un giorno, credendo che a capo di questa cospirazione vi sia la dirigente d’azienda Michelle Fuller (Emma Stone), decidono di rapirla per farla confessare e per sventare il complotto extraterrestre.
Cosa ne penso (pochi spoiler):
Sono andato a vedere Bugonia con un interrogativo preciso: mi sarei trovato davanti a un nuovo capolavoro come Kinds of Kindness o a un film ai miei occhi inguardabile come Povere Creature? Entrambi di Yorgos Lanthimos, entrambi con Emma Stone, eppure agli antipodi.
Uscito dalla sala, la risposta è stata netta: Bugonia è un’opera di livello, disturbante, pienamente riuscita.
Già il titolo è un manifesto: “Bugonia” — dal greco “bou” e “goné”, indica, secondo l’antica credenza riportata da Virgilio nelle Georgiche, la “nascita delle api dal corpo in decomposizione di un bue sacrificato” — come chiave di volta dell’intera vicenda, con i due protagonisti che credono di purificare il mondo, ma in realtà ne replicano i miasmi. E Lanthimos, come un entomologo della mente, ne fa la matrice simbolica del film: tutto ciò che vediamo si genera dalla putrefazione morale del mondo, con tutte le sue storture che vanno a generare soggetti fortemente disturbati.
Lanthimos gira con la consueta geometria fredda, ma dietro le sue inquadrature da laboratorio pulsa qualcosa di febbrile, di organico, quasi lynchano.
Il fulcro centrale del film diventa presto lo scontro tra due psiche: il rapitore fanatico Teddy (insieme al cugino tonto) e la rapita Michelle Fuller, che cerca di entrare nelle credenze di Teddy e prova ad accettarne le regole, nel tentativo di manipolarlo e farsi liberare, compiacendone le stranezze. In questo Emma Stone fornisce una prova attoriale da Oscar, che da sola vale il film.
In questa fase temevo fortemente che Lanthimos si fosse imborghesito, che si fosse messo a fare un’opera in cui lo spettatore medio becero potesse commentare: “ecco, quel fanatico è un complottista, hai capito Pino?”, invece no, il regista rifugge dall’essere come vorrebbero che lui fosse e, con un coup de théâtre che non posso rivelare, spiazza lo spettatore o, forse, solo lo spettatore meno attento, dal momento che qualcuno, forse da qualche piccolo indizio, avrebbe potuto prevedere il colpo di scena.
In una scena che entrerà nella storia del cinema, Basket Case dei Green Day a mo’ di coro greco fornisce ulteriore forza a un’opera che inquieta per ciò che mostra e per ciò che lascia intuire, in una società spesso troppo convinta di saper distinguere il reale da ciò che reale non è.
Il film piacerà a:
A chi ha apprezzato il Lanthimos di Kinds of Kindness e cerca di nuovo quella vertigine sensoriale.
A chi ha apprezzato il Lanthimos di Kinds of Kindness e cerca di nuovo quella vertigine sensoriale.
Il film non piacerà a:
Chi cerca una razionalità a tutti i costi e pensa di avere la verità in tasca.
Pregi:
Lanthimos di nuovo ottimo come in Kinds of Kindness, con una trama di grande impatto e la sua cifra filmica ben visibile: ogni inquadratura ha un senso e un peso, ogni pausa diventa racconto. Emma Stone da Oscar.
Lanthimos di nuovo ottimo come in Kinds of Kindness, con una trama di grande impatto e la sua cifra filmica ben visibile: ogni inquadratura ha un senso e un peso, ogni pausa diventa racconto. Emma Stone da Oscar.
Difetti:
Nella parte centrale si potrebbe pensare che Lanthimos voglia troppo compiacere il pubblico medio.



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