UNA PALLOTTOLA SPUNTATA (2025)

  

Locandina del film Una pallottola spuntata 2025

Recensione a cura di: Umberto Visani

Titolo originale: The Naked Gun
Genere: comico, azione, poliziesco
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Durata: 85 minuti
Regia: Akiva Schaffer
Produttori: Seth MacFarlane, Erica Huggins
Casa di produzione: Paramount Pictures, Fuzzy Door Productions, Domain Capital Group
Sceneggiatura: Dan Gregor, Doug Mand, Akiva Schaffer
Cast: Liam Neeson (Frank Drebin Jr.), Pamela Anderson (Beth Davenport), Paul Walter Hauser (Ed Hocken Jr.), Kevin Durand (Sig Gustafson), Danny Huston (Richard Cane), Liza Koshy (det. Barnes), Cody Rhodes (barista), CCH Pounder (capo Davis), Busta Rhymes (rapinatore), Eddy Yu (det. Park), Dave Bautista (sé stesso)

Trama:

Frank Drebin Jr. (Liam Neeson), figlio del leggendario detective interpretato da Leslie Nielsen nella celebre saga originale, è un poliziotto maldestro esattamente come il padre. Viene coinvolto nell’indagine per la morte di un programmatore legata a una rapina e al furto di un misterioso dispositivo che rischia di scatenare un piano catastrofico ideato dal magnate della tecnologia Richard Cane (Danny Huston). Ad affiancarlo c’è Beth Davenport (Pamela Anderson), sorella della vittima in veste di femme fatale. La squadra di polizia – minacciata di scioglimento – brancola tra indizi, gag ridicole e battute “politically incorrect”.


Cosa ne penso (no spoiler):

Sono andato a vedere Una Pallottola Spuntata con ricordi abbastanza vaghi dei film originali con Leslie Nielsen, di cui rammentavo solo quanto il protagonista fosse buffo e come desse vita a scene esilaranti. La patina noir, notata nel trailer, mi ha subito fatto pensare potesse essere un’opera a me congeniale. È raro vedere un reboot che non scivoli biecamente nella nostalgia amarcord o nel revival a basso costo. La struttura noir, come accennavo, è rispettata: voce fuoricampo, detective tormentato (a modo suo, ovviamente), femme fatale. Ma ogni elemento viene rimescolato con ironia, trasformando le convenzioni del genere in momenti di metalinguaggio comico. 
Liam Neeson è la chiave: non imita Nielsen, ma ne recupera l’essenza, con una bravura in ruoli comici che mi ha sorpreso, pronunciando battute demenziali con la stessa gravitas di un monologo shakespeariano. È l’assurdo che prende sul serio la sua stessa assurdità. Pamela Anderson, nel ruolo di Beth, non è un mero recupero di un personaggio iconico degli anni Novanta, ma un’aggiunta che fa perno sulla sua inaspettata bravura. 
Il film prende chiaramente di mira l’oggi. Le auto elettriche? Una fregatura. I burocrati tech? Ridicoli. La satira prende di mira anche la sorveglianza digitale, la moda ecologica… la pellicola ride di tutte le buffonate odierne, chiaramente in modo “politically incorrect” che è l’unico a poter fare ridere senza risultare finto o patetico.
Emozionalmente, sorprende: nei momenti più caotici la sceneggiatura trova una sincerità inaspettata. Non c’è redenzione, ma una forte umanità che lega Drebin Jr. all’eredità paterna. E il finale – velocissimo, ma sincero – è costruito per lasciare un sorriso rapido e un senso di incredulità: ce l’ha fatta. Non a emulare, ma a innovare rispettando l’originale, il che non è poco. 

Il film piacerà a:
A chi ha amato gli originali con Liam Neeson e apprezza quel tipo di comicità irriverente, con un protagonista totalmente imbranato che ride sul presente e sulle molteplici fissazioni odierne.
 
Il film non piacerà a:
A chi non apprezza i film comici o cerca un altro tipo di comicità.
 
Pregi:
Liam Neeson bravissimo, il mettere nel ridicolo il presente con le sue storture evidenti.
 
Difetti:
In parte la trama è un pretesto, come è giusto che sia in questa tipologia di film.
 
Lo consiglio? 







Recensione a cura di: Umberto Visani
 



 
 

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