ANIMALI NOTTURNI (2016)

 

Locandina del film Animali Notturni 2016

  

Retrospettiva a cura di: Umberto Visani

Titolo originale: Nocturnal Animals
Genere: Thriller, noir, drammatico
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Durata: 116 minuti
Regia: Tom Ford
Produttori: Tom Ford, Robert Salerno
Casa di produzione: Focus Features, Fade to Black Films, Artina Films
Sceneggiatura: Tom Ford, basata sul romanzo Tony & Susan di Austin Wright
Cast: Amy Adams (Susan Morrow), Jake Gyllenhaal (Edward Sheffield / Tony Hastings), Michael Shannon (Detective Bobby Andes), Isla Fisher (Laura Hastings), Armie Hammer (Hutton Morrow), Aaron Taylor-Johnson (Ray Marcus), Ellie Bamber (India Hastings), Robert Aramayo (Turk), Karl Glusman (Lou), Laura Linney (Anne Sutton), Andrea Riseborough (Alessia Holt), Michael Sheen (Carlos Holt)


Trama:

Susan Morrow (Amy Adams) è una gallerista di Los Angeles: ricca, elegante ma infelice. La sua vita viene incrinata quando riceve per posta un manoscritto: un romanzo scritto dal suo ex marito, Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal), che non vede né sente da quasi vent’anni. Il libro si intitola “Animali Notturni”, ed è dedicato proprio a lei. Susan comincia a leggerlo. La storia è brutale: un uomo (anche lui interpretato da Gyllenhaal) guida nella notte del Texas con la moglie (Isla Fisher) e la figlia, quando la loro auto viene accerchiata da un gruppo di uomini. È l’inizio di un incubo che diventa allegoria e specchio. A mano a mano che Susan legge, il confine tra finzione e realtà si sfalda. Il romanzo è un atto di vendetta simbolica, ma anche un grido di dolore. E Susan, che un tempo aveva scelto la sicurezza invece dell’amore, si ritrova sola a confrontarsi con ciò che ha perso e con chi ha perso.



Cosa ne penso (pochi spoiler):

Ero andato a vedere Animali Notturni anni fa, intrigato dalla trama noir e dalla presenza di due bravissime attrici (Amy Adams e Isla Fisher) che mi sono sempre molto piaciute. Il film si muove tra dramma psicologico, noir e metafora morale, con una lucidità rara nel cinema statunitense. Tom Ford, il regista, dimostra non solo un controllo formale eccellente, ma soprattutto una sorprendente capacità di tessere una narrazione su più piani, capace di convergere in un discorso compatto e affilato sul dolore, sul rimorso e sul senso di giustizia.
Alla base c’è un’idea estremamente forte: una donna (Amy Adams), gallerista d’arte in crisi esistenziale e affettiva, riceve dal suo ex marito (Jake Gyllenhaal) un romanzo scritto da lui e a lei dedicato. La lettura del testo la costringe a confrontarsi con il proprio passato, in particolare con la fine del loro rapporto e con le scelte fatte anni prima, quando aveva abbandonato l’uomo in un momento di fragilità. Il romanzo, che vediamo messo in scena parallelamente alla vita presente di lei, è un racconto feroce e doloroso, in cui un padre impotente assiste al rapimento e all’omicidio della moglie e della figlia, per poi cercare vendetta. Quella finzione narrativa si rivela una vera e propria lettera di accusa in forma traslata: non esplicita, ma costruita con intelligenza vendicativa e raffinata.
Ciò che colpisce, al di là dell’intreccio, è come Tom Ford usi il linguaggio cinematografico per mostrare il distacco tra il mondo reale – freddo, anaffettivo, pieno di maschere e pose – e quello della finzione – selvatico, tragico, pieno di verità, malgrado sia finto. Non si tratta solo di estetica. Come nel cinema di David Lynch, la realtà alternativa è il luogo in cui accadono le cose più vere. È solo nel racconto che i personaggi si spogliano dell’artificio, che emergono emozioni autentiche e violente. In tal senso, Animali Notturni dialoga direttamente con Mulholland Drive e Strade Perdute, dove la narrazione si frantuma per dare accesso a una dimensione più profonda della coscienza.
Amy Adams è straordinaria: il suo personaggio è complesso, combattuto, reso con una recitazione misurata, quasi implosa, che rende tangibile il peso del rimorso. Isla Fisher (di aspetto molto simile anche nella realtà, per quanto in chiave più volgare), nel ruolo parallelo della moglie nel romanzo, contribuisce a rafforzare il meccanismo simbolico, in una sorta di specchio distorto tra finzione e realtà che non ha bisogno di essere spiegato, ma si intuisce da solo. Jake Gyllenhaal è efficace in entrambi i ruoli, sia come autore abbandonato sia come uomo umiliato nella finzione, accomunati da un’identica sofferenza.
La fotografia si muove tra lo sterile biancore degli ambienti d’élite e l’ocra polveroso del Texas del romanzo, in un dualismo che richiama in maniera evidente la logica dei due mondi lynchiani: uno algido, l’altro selvaggio. Il passaggio tra i due piani non è mai didascalico, ma sempre carico di senso.
Il finale, perfetto nella sua crudeltà sottile, non cerca consolazioni: ciò che è perduto non si recupera. L’arte – in questo caso, la scrittura – diventa non solo vendetta, ma rivelazione. E non è un caso che il film sia tratto da “Tony & Susan”, romanzo dello scrittore statunitense Austin Wright: un testo che riflette proprio sul modo in cui la letteratura possa fare da specchio deformante – ma veritiero – della vita.

Il film piacerà a:
a chi cerca thriller psicologici che non fanno sconti allo spettatore e non hanno paura della complessità, a chi è affascinato dai racconti che si aprono a più livelli, mescolando reale e immaginario senza soluzione di continuità, a chi apprezza le risonanze lynchane.
 
Il film non piacerà a:
a chi chiede al thriller ritmo serrato, colpi di scena ogni dieci minuti, e una risoluzione netta e comprensibile, a chi si infastidisce quando la trama non è lineare, e pretende che tutto venga spiegato con chiarezza.
 
Pregi:
Una struttura narrativa sofisticata, che intreccia presente e passato, realtà e finzione, senza mai perdere il controllo. Amy Adams e Isla Fisher sono memorabili, ognuna in un ruolo complementare.
 
Difetti:

Non è un film immediato: richiede attenzione, cultura cinematografica e disponibilità a lasciarsi disorientare.
 
Lo consiglio? 





 Retrospettiva a cura di: Umberto Visani



 
 


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