Il maestro e Margherita (2025) - Recensione a cura di Umberto Visani

 

il maestro e la margherita


Genere: drammatico
Paese di produzione: Russia
Durata: 157 minuti
Produzione: Mars Media, Fond Kino
Produttori: Len Blavatnik
Regia: Michail Lokšin
Sceneggiatura: Michail Lokšin, Roman Kantor
Cast principale: August Diehl (Woland), Evgeniy Tsyganov (Maestro), Yulia Snigir (Margherita), Claes Bang (Ponzio Pilato), Jurij Kolokol’nikov (Korov’ev), Daniil Steklov (Ivan Bezdomnyj), Evgeniy Knyazev (Berlioz), Marat Basharov (Lichodeev), Aleksej Rozin (Azazello), Aleksandr Yatsenko (Aloizij), Polina Aug (Hella), Jurij Borisov (Behemoth).


Trama:

In una Mosca distopica stalinista simil anni Trenta di stampo steam-punk, il Maestro (Yevgeny Tsyganov), scrittore idealista e tormentato, scrive un romanzo su Ponzio Pilato e Gesù. Ma il suo manoscritto viene censurato e le autorità lo internano in un manicomio. Nel frattempo, arriva un enigmatico straniero: Woland (August Diehl), che si presenta come un “professore tedesco”, ma è in realtà il diavolo, accompagnato da un gruppo di servitori demoniaci (tra cui un gatto parlante, Behemoth). Woland semina il caos tra gli ipocriti burocrati sovietici, rivelandone la corruzione e il vuoto spirituale. Il Maestro si innamora di Margherita (Yuliya Snigir), una donna sposata ma infelice. Lei è l’unica persona che crede in lui e nel suo romanzo. Quando scompare, Margherita è disposta a tutto pur di ritrovarlo. Accetta così di diventare la regina del Ballo di Satana, partecipa a rituali oscuri e ottiene da Woland la possibilità di riunirsi con il suo amato. 


Cosa ne penso:

Avevo letto Il Maestro e Margherita da ragazzino, a circa dieci anni, ripromettendomi di rileggerlo poiché non lo avevo apprezzato appieno, specialmente la seconda parte. A distanza di anni, questo film mi ha riportato in quel medesimo mondo, riuscendo a evocare lo stesso mistero e quel senso di vertigine che Bulgakov aveva profuso tra le pagine.
Ho rivisto in Woland non un'entità soprannaturale, ma un critico feroce della mediocrità, uno sguardo laterale, destabilizzante, sulla falsità collettiva. Il Male qui non è una minaccia, ma uno specchio: ci guarda, e ci ride in faccia.
E se il Maestro è l’uomo che cade per aver scritto un libro troppo vero, Margherita è la donna che si brucia pur di salvarlo: non solo lui, ma la sua idea di giustizia, di letteratura, di bellezza, èl’anima segreta di tutto. Ha il magnetismo di Eva Green, ma non è solo una musa, è una guerriera. Una donna che attraversa l’inferno non per punizione, ma per scelta, e lo fa con la grazia disperata di chi sa che solo l’amore assoluto, può ancora redimere il disastro.
Il suo volo nudo nella notte non è uno scandalo: è un gesto mitico, un urlo contro l’apatia del mondo.
Lokshin dirige con mano sicura, senza mai inciampare nel didascalico o nel calligrafico. C’è una Mosca che sembra uscita da un sogno febbrile, ci sono passaggi che sembrano quadri simbolisti, ci sono silenzi che pesano più dei dialoghi. Ma soprattutto, c’è una coerenza interna: questa pellicola sa che sta adattando l’inadattabile (essendo il romanzo un capolavoro), e accetta il rischio, la complessità, il non detto.
Non è un film per spettatori passivi, né per chi cerca il semplice. Ma è un’opera che dimostra che si può ancora fare cinema partendo dalla letteratura, senza doverla tradire. E che si può ancora parlare di amore, potere, repressione, arte e follia senza perdere la grazia.


Il film piacerà a:
A chi ama i romanzi complessi, immaginifici, che parlano di temi profondi senza mai diventare retorici. A chi cerca un cinema che non si limiti a raccontare, ma interroghi. 
 
Il film non piacerà a:
A chi ha bisogno di una trama lineare, di eroi riconoscibili, di conflitti chiusi.
 
Pregi:
Un’opera sontuosa, visionaria, che riesce a essere colta senza essere pedante, evocativa senza diventare vaga. Lokshin dimostra una mano sapiente, mai autoreferenziale. L’interpretazione di Margherita è superba, e le atmosfere moscovite sono rese con eleganza e malinconia.
 
Difetti:
Avrei accorciato la parte del rituale, tenendo il film sulle due ore.
 
Lo consiglio? 






 (Recensione a cura di Umberto Visani)
 



 
 

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