M - Il figlio del secolo - miniserie televisiva (2025) - Recensione a cura di Erik Pettinari
La miniserie narra l’ascesa al potere di Benito Mussolini, ripercorrendo il percorso storico che va dalla fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento nel marzo 1919 fino al discorso cruciale in Parlamento del 3 gennaio 1925. La narrazione non si limita agli eventi chiave dell’ascesa del fascismo, ma approfondisce anche la trasformazione personale e politica di Mussolini, ritratto in tutte le sue sfumature.
La serie si distingue per il suo approccio innovativo: una fusione di elementi storici documentati e scelte stilistiche audaci che vanno a creare un racconto in cui il grottesco e il teatrale si intrecciano con la realtà cruda degli eventi. In questo modo, il racconto non si limita a una semplice ricostruzione cronologica, ma offre allo spettatore una rappresentazione immersiva della tensione e del fermento di un’Italia in trasformazione, dove le dinamiche del potere, le alleanze politiche e le contraddizioni sociali emergono con forza.
Il percorso narrativo della serie, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati, si sofferma sugli aspetti meno convenzionali della storia: attraverso una regia che abbassa la distanza tra il racconto e il pubblico, la serie rompe la tradizionale barriera della narrazione diegetica. Grazie a una fotografia dai toni rossicci e a un montaggio dinamico, il racconto trasforma gli eventi storici in un’esperienza visiva intensa e coinvolgente, capace di far vivere direttamente al pubblico la complessità di un’epoca segnata da profonde trasformazioni politiche e sociali.
Pur mantenendo una prospettiva rigorosamente apolitica e basata sui fatti, la miniserie invita a riflettere sul fascino ambiguo di un potere capace di sedurre le masse, presentando un Mussolini che, attraverso la sua eloquenza e carismatica presenza, incarna le tensioni di un tempo in cui la politica si faceva spettacolo. In questo modo, il racconto riesce a trasporre il peso della storia in un linguaggio moderno, che si avvale anche di tecniche narrative rivoluzionarie, abbattendo la tradizionale distanza tra passato e presente e instaurando un dialogo diretto con lo spettatore.
Recensire una produzione che affronta temi così delicati e una figura storica tanto controversa non è semplice. C’è una responsabilità nel trattare la vicenda di Mussolini con il giusto equilibrio: da un lato, evitare giudizi preconcetti e semplificazioni; dall’altro, riuscire a trasmettere l’impatto emotivo e culturale di quegli eventi. In questo senso, la serie sorprende per la sua capacità di andare oltre la mera ricostruzione cronologica, regalando allo spettatore una visione che sa essere intensa, coinvolgente e, soprattutto, rispettosa della complessità del passato.
Sono rimasto particolarmente colpito dalla straordinaria interpretazione di Luca Marinelli, che riesce a incarnare un Mussolini carico di contraddizioni e sfumature, trasformando un personaggio storico in un essere umano con cui, in qualche modo, ci si può confrontare. Parallelamente, la regia di Joe Wright emerge come uno dei veri punti forti: le scelte stilistiche audaci – in cui il grottesco si fonde con il teatrale e la satira con il dramma – non solo abbassano la barriera tra la narrazione e il pubblico, ma invitano anche a una riflessione più profonda sulla natura del potere e sulla sua capacità di sedurre.
Questa fusione di estetica e contenuto, pur potendo risultare inusuale o addirittura ostica per alcuni, è ciò che rende la serie un’esperienza memorabile. L’approccio visivo, con una fotografia dai toni caldi e a tratti oscuri, contribuisce a trasmettere l’intensità emotiva degli eventi, permettendo di sentire, in maniera quasi diretta, la tensione e il fermento di quegli anni. In definitiva, pur mantenendo un’impostazione rigorosamente apolitica e informata, la serie riesce a coinvolgere e a far riflettere, rendendo il racconto storico accessibile e, al contempo, profondamente umano.
- Chi preferisce una narrazione storica più convenzionale e lineare.
- Scelte stilistiche: L’approccio che abbina dramma e satira rompe la tradizione diegetica, rendendo la serie unica nel suo genere.
- La complessità della fusione di stili narrativi potrebbe risultare ostica o inusuale per alcuni spettatori.
Commenti
Posta un commento